This Moment Is Eternity

di lisachan
Se dovessi provare a descrivere quanto è bello in questo momento, neanche ci riuscirei. Anis non è una persona cupa, anzi, ride spesso, ma ci sono dei momenti in cui vedi che non sta solo ridendo, no, dietro c’è tutto un universo che sta nella sua testa e che è ciò che l’ha portato a sorridere in quella maniera. Sono i momenti in cui capisco che non ha fatto altro che pensare a me per ore, fino ad avere nella mente un’idea più che chiara di ciò che avrebbe dovuto dirmi, e quando ride così io so che lo fa perché ha progettato qualcosa di assolutamente meraviglioso e non vede l’ora di dirmelo.
Così si presenta oggi, apro la porta e lui è lì, appoggiato allo stipite, che mi fissa con un sorriso furbo da bambino monello che mi fa venire voglia di lasciargli addosso baci a stampo finché non gli vengo a noia.
- Principessa. – mi saluta con un cenno del capo vagamente simile ad un inchino, mentre io mi lascio contagiare dal suo sorriso e mi scosto dall’uscio per farlo passare. – Hai qualcosa da mangiare? Non ho ancora toccato cibo oggi.
Vorrei dirgli che non ricordo di aver comprato niente di commestibile, ma lascio perdere quando lo osservo infilarsi risolutamente in cucina ed uscirne subito dopo con una fetta di prosciutto che pende dalle labbra ed un bicchiere di succo d’ananas in una mano.
- Non so da quanto fossero in frigo… - lo avverto con una risatina.
Lui scrolla le spalle.
- Il sapore non è male. – mi rassicura, mandando giù il prosciutto. – A casa di Chakuza abbiamo preso tante di quelle intossicazioni epiche che mi sa che ormai ho l’intestino di ferro. – conclude bevendo d’un fiato anche il succo e dandosi un pugnetto sull’addome come a dimostrarmene la resistenza.
Penso che ho davvero un po’ paura di casa di Chakuza, me ne parlano tutti come di un posto molto pericoloso. A dare un po’ di corda ad Eko ti racconta di certi incontri ravvicinati con scarafaggi multiformi, nel bagno, da lasciarti agghiacciato. Non so, ho come l’impressione che quell’appartamento non vedrà la mia persona tanto presto.
Nel mentre, Anis si stiracchia soddisfatto ed il secondo dopo mi si abbatte addosso, strizzandomi in un abbraccio che sa di voglia e di una certa nostalgia stupida e pure molto tenera.
- Sono distrutto. – borbotta, - Voglio andare in pensione.
- Non sei ancora abbastanza vecchio. – lo rassicuro, visto che so che è esattamente quello che vuole sentirsi dire.
Lui ride e si china a baciarmi stringendomi per la vita, ed io sono già lì che allungo le mani cercando di eliminare lo stupido giubbotto che ancora lo avvolge per arrivare a toccare qualcosa di caldo, qualcosa di buono, qualcosa di suo, quando lui si allontana ridendo ancora, in uno sbuffo che riesco a soffocare fra le labbra solo in parte.
- Aspetta, aspetta. – mi dice facendo sfoggio di una pazienza che, dipendesse da me, schiaccerei sotto le scarpe per poi schienarlo sul letto, - Ho altri programmi per oggi.
- Io no! – biascico cominciando a spingerlo verso la camera da letto, piantandogli entrambe le mani sul petto. Lui ride e scuote il capo ma non protesta, indietreggia mentre lo spingo e continua a guardarmi come se fossi una cosa bellissima e inspiegabile. Adoro quando lo fa.
Impatta contro il letto e ci si lascia schienare davvero, mi fiondo entusiasta su di lui e sfilo via il dannato giubbotto che è peggio dei vestiti, perché è ruvido e freddo dell’aria della notte. Faccio per lasciarlo ricadere per terra ma lui mi ferma - “aspetta, aspetta!”, sempre ridendo, è meraviglioso il suono che fa – lo prende fra le mani e lo adagia con cura sul pavimento. Poi nota il disappunto nel mio broncio ed allarga le braccia – “okay principessa, riprendi da dove hai lasciato” – ed è tutto ciò che ho bisogno di sentirmi dire, afferro la maglia e la tiro via, resisto all’impulso di baciarlo ovunque solo perché devo disfarmi di tutti gli altri vestiti – i miei, i suoi, sono solo barriere inutili – e solo quando ci sono finalmente riuscito mi sistemo meglio sul suo grembo e mi struscio come un gatto contro la sua pelle, mi nutro del suo calore, lo sfioro ovunque ed ovunque mi lascio sfiorare. E lui continua a ridere. Ed è stupendo. Sono arrossito fino alla punta dei capelli e mi sento una liceale, ma in questo preciso istante non me ne frega un accidenti.
Mugolo un po’, rimettendomi seduto e incrociando le braccia sul petto.
- Ma non stai facendo niente! – mi lamento, imbronciandomi di nuovo.
Anis ride e solleva le mani a cingermi i fianchi, passa il pollice sul tatuaggio a forma di stella e lo disegna distrattamente, dandomi i brividi ovunque.
- Te l’ho detto che avevo altri programmi. – mi prende in giro con un sorrisino stronzo, ed io inarco un sopracciglio.
- E non li puoi cambiare? – chiedo, e sottolineo la richiesta spingendomi col bacino contro di lui.
Grazie a Dio Anis ha sempre reazioni corporee molto prevedibili, perciò mi prendo giusto un secondo per esultare interiormente quando vedo il suo sorriso cambiare colore e mi ritrovo all’improvviso rivoltato sul letto con tutto il suo peso addosso e le labbra schiacciate con forza contro il collo.
Lo abbraccio stretto, mugolando compiaciuto e sorridendo trionfante, visto che lui non può vedermi. Lui ride ancora – mi ride dritto sulla pelle – e borbotta “sarai la mia rovina, principessa”, ed io penso che mi va benissimo, perché lui è già la mia.
Non passa molto prima di ritrovarmi le sue mani ovunque, e rido divertito bisbigliando “non eri stanco…?”, mentre lui mi morde sul collo per mettermi a tacere. E d’accordo, penso io, non dico altro, da qui in poi solo mugolii, anche perché so che gli piacciono. E mugolo. Mugolo mentre mi sfiora e mi bacia e mi accarezza piantandomi le mani addosso di prepotenza, scrivendomi sul corpo l’intensità del suo desiderio, un desiderio che gli pulsa fra le gambe con una furia incontrollata, lo stesso desiderio che accolgo dentro di me fra i suoi, i miei, i nostri sospiri, il desiderio che lui spinge con forza fino in fondo al mio corpo, fin dove fa male e fin dove mi fa godere di più, il desiderio che mi costringe a piantargli le unghie nella schiena e i denti nella spalla, il desiderio per cui ansima contro la mia pelle, lo stesso desiderio per cui ansimo anche io. Il desiderio per cui vengo fra le sue dita è lo stesso per cui lui viene dentro di me. Siamo identici. Siamo uno. Siamo perfetti e questo momento è eterno.
Riprendo a respirare lentamente, fra le sue braccia, schiacciato fra il suo corpo e il materasso. Inspiro il suo odore, quello un po’ acre del suo sudore che si mischia all’odore del tabacco ed a quello del dopobarba. Rimango semplicemente immobile, gli occhi chiusi, e so che finirei per addormentarmi se lui non si riscuotesse e si mettesse seduto sul letto al mio fianco. Non si copre, non ha il minimo senso del pudore. Gli getto addosso il lenzuolo solo perché, in caso contrario, non riuscirò mai a smettere di guardarlo.
- Allora, questi grandi piani che avevi? – sbotto, cercando di darmi un tono mentre mi sistemo a mia volta, coprendomi come posso e ritrovandomi immediatamente addosso le sue mani che tirano via le coperte un po’ per infastidirmi ed un po’ perché gli piace fissarmi.
- Ah, già! – e gli ricompare sulle labbra il sorriso giocoso col quale è arrivato, mentre si sporge oltre il mio corpo e recupera il giubbotto da terra, posandoselo in grembo, - Hai dei peluche?
Inarco le sopracciglia.
- …quando sono venuto a vivere qui, Tomi mi ha obbligato a portarmi dietro i regali delle fan, c’è uno scatolone da qualche parte… - rifletto, - Tipo sull’armadio, controlla. Perché, comunque?
Anis annuisce ma non risponde. Si alza in piedi ed io distolgo lo sguardo perché altrimenti da questa situazione non uscirò mai vivo, ma lo osservo comunque tirarsi dritto sulle punte per raggiungere lo scatolone in cima all’armadio e poi tirarlo giù, rovistando all’interno. Ne tira fuori un paio di slip e cinque o sei reggiseni di cui non ricordavo l’esistenza. Li tiene su due dita, inarca le sopracciglia e un po’ mi prende in giro, un po’ è infastidito dalla loro presenza.
- Buttali via! – protesto imbarazzato, e lui ride e li rimette a posto. Dopodiché comincia sistematicamente a tirar fuori ogni singolo peluche mi sia stato regalato nell’ultimo anno, e li sistema ordinati sul pavimento, a ridosso della parete, proprio di fronte al letto. Uno accanto all’altro, come un plotone d’esecuzione.
Comincio giustamente a temere.
Lui rimira il lavoro soddisfatto ed io gli tiro addosso i pantaloni sperando indossi almeno quelli. Li ignora felicemente, lasciandoli ricadere a terra per poi voltarsi e tornare a sedersi accanto a me sul letto, prendendomi fra le braccia e costringendomi a sedermi praticamente addosso a lui. Non che mi dispiaccia, ma palesemente non uscirò vivo da questa situazione.
- Allora, principessa, stasera ti insegno una cosa che, in quanto mio compagno, devi saper fare per forza.
Io dovrei preoccuparmi, ma mi ha appena detto che sono il suo compagno, perciò decido che me ne frego, qualsiasi cosa sia la farò.
- Cosa? – chiedo curiosamente mentre mi sistemo contro di lui cercando di non scatenare imprevedibili reazioni a catena né nel mio né nel suo corpo.
È lì che lui si allunga verso il giubbotto, lo riporta vicino e fruga un po’ nelle tasche. E poi riemerge con la Heckler. Io la guardo con un po’ di timore perché generalmente evita di tirarla fuori in mia presenza. È una cosa tremenda, mi ricorda pezzi di lui che preferirei ignorare del tutto – e che per contro non posso ignorare affatto. Perché sono il suo compagno, appunto.
- …Anis, tu non vuoi, vero, che io-
- Userai i peluche come bersagli. – annuisce tranquillamente lui, - Non preoccuparti, ti aiuterò io, le prime volte.
- Anis, io non posso sparare ai peluche! – cerco di tirarmi indietro, ma lui ride, posa la pistola e mi stringe in un abbraccio fermo e deciso, soffiandomi sul collo.
- Calmati. – dice a bassa voce, - Sono solo pezzi di stoffa. Non sono neanche tuoi. E poi devi saperlo fare.
Il suo fiato sulla pelle non è veramente sostenibile. Cerco di distrarmi.
- Sentiranno gli spari…
Torna a sollevare la pistola.
- Vedi questo? – dice, indicando una specie di cilindro sulla punta, - È il silenziatore. Sai cosa significa? Che, quando spari, si sente solo una specie di psiuh.
Rido un po’ perché il suono che ha fatto è abbastanza ridicolo. All’improvviso, mi viene voglia di sentirlo, questo psiuh. Allungo una mano, il palmo bene aperto, ed Anis sorride e mi consegna la pistola. Naturalmente, è pesante da morire. La mia presa fa schifo e sia la mia mano che la pistola cadono sul materasso. Anis ride ed io mi imbarazzo furiosamente, distogliendo lo sguardo.
- Riprendila, dai. – annuisce incoraggiante. Io obbedisco. La tengo con due mani, me la rigiro fra le dita. È fredda ed enorme e così dannatamente impersonale che vorrei gettarla via.
- Fosse mia, le metterei un po’ di teschi qua e là… - rifletto a mezza voce, - È così spoglia…
Anis ride di cuore, la sua risata vibra tutta attraverso il mio corpo ed io mi ritrovo a pensare senza un perché che mi piace amplificare la sua voce. Dovrebbe parlare solo attraverso di me.
- Avanti. – riprende lui, stringendo le mie mani fra le sue e puntando la pistola verso il primo peluche della fila, una specie di topo deforme con le ali viola. – Spariamo a lui. È brutto, vero?
Lo osservo.
- È un insulto al decoro, direi.
Anis annuisce.
- Ora lo togliamo di mezzo. Uno psiuh e resterà solo un mucchietto di ovatta. Ci sei? – annuisco e mi concentro, aggrottando le sopracciglia. Anis ride ma so che lo fa perché mi trova tenero. Le sue risate hanno toni così differenti e precisi che, una volta imparate tutte a memoria, potrebbe anche solo ridere senza dire una parola per tutto il resto della sua vita, e lo capirei comunque.
Socchiudo gli occhi. Non intendo prendere la mira. Lascio che lo faccia Anis, dietro di me. Premo l’indice sul grilletto e lui preme il proprio sul mio. Pressa più forte di me.
Fa davvero psiuh. È un suono talmente ridicolo, e il topo viola si sfalda con una facilità così sciocca che non so, per un secondo dimentico di stare maneggiando una pistola e scoppio semplicemente a ridere. Così, piegandomi pure un po’. Anis si abbatte contro la mia schiena e ride a propria volta, lasciandomi un bacio su una vertebra a caso, ed io riapro gli occhi e vedo la pistola enorme fra le mie mani piccolissime fra le sue che invece sono grandi e forti e sono felice di una felicità molto molto stupida. Che forse non dovrei provare. E che però è qui e mi riscalda tutto.
- Bene! Abbiamo tolto di mezzo il topo viola. – commenta entusiasta Anis, - Passiamo al prossimo. – e punta contro il successivo.
- Ma no, è un gattino… - mi lamento io, mugolando infelice, - È carino, lasciamolo per ultimo!
- Vero. I belli sempre per ultimi, prima li si scopa, poi li si ammazza. L’arte della guerra. Sei un talento! – mi prende in giro lui, baciandomi sul collo. Io rido.
- Quell’altro. – dico, indicando un drago con due orribili occhi rossi e pallati, - Mi inquieta, posso sparare a lui?
Anis sorride compiaciuto.
- Provi da solo? – io annuisco. – Se fai centro, un bacio in premio.
Psiuh.
Il drago è illeso, in compenso la carta da parati non può dire lo stesso.
Il bacio in premio, però, visto che sono la principessa, lo prendo comunque.

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