Ich hab dich nicht vergessen

di tabata
Bushido è morto tre mesi fa.

La EsguterJunge è un'enorme macchina da soldi ferma perchè manca il suo ingranaggio principale.
Abbiamo fatto tre riunioni nel tentativo di decidere cosa farne di noi e dell'etichetta, e non ne abbiamo cavato un ragno dal buco. La prima volta siamo stati tutti in silenzio. Le altre due abbiamo iniziato ad azzannarci alla gola, come era ovvio che succedesse. Saad sostiene che dobbiamo trovare un altro leader e metà della crew vuole lui al comando. L'altra metà di noi è convinta che così non vada. E non troviamo un accordo.

Io credo che l'EsguterJunge debba morire con il suo re.
Che senso avrebbe trovare un altro uomo, un'altra faccia, un altro nome? Bushido era l'Esguterjunge. Senza di lui, non esiste neanche il gruppo. A dire la mia, comunque, non ne ricavo niente. Non sono ancora così in basso da prendermi le urla, ma il silenzio quello sì. Smettono tutti di parlare, mi guardano e poi abbassano la testa, fanno finta di non aver sentito. Per loro l'importante è mandare avanti la baracca, forse hanno paura che a scioglierci ora andremo tutti a vendere pesce al mercato, non so.

Bill è tornato alla sua vita, o a quel che ne resta.
Dopo il funerale è partito con suo fratello ed è stato via tre settimane, per una destinazione sconosciuta perfino al suo stesso management. Il suo manager è arrivato a telefonarmi per chiedere se ne sapessi qualcosa; io mi sono guardato bene dal dire a David Jost che le cartoline mi arrivavano dalle Maldive. I giornalisti hanno cominciato a dire che era finito lui, e che era finita la band. Per questo quando i gemelli sono tornati a casa, la Universal li ha fatti uscire con un nuovo disco, due dvd e una tabella di marcia così serrata da farmi pensare che più che promuoverli volessero ammazzarli. Sia mai che il ragazzino possa crogiolarsi nel suo dolore. Per i Tokio Hotel, Bushido non è mai esisito.
Per l'EsguterJunge non è mai esistito Bill.

A volte mi chiedo se sono l'unico a ricordarsi che questi due sono stati insieme.

In realtà Bill esiste eccome, e ci vediamo di continuo; molto più di quanto sarebbe logico vedersi. E per lui Bushido non è un ricordo, è un qualcosa di tangibile che gli è rimasto ancora addosso, come il giubbotto che indossa, o l'anello di Atze che non si toglie mai. Qualche volta ne parliamo, di Bushido intendo. Bill ha gli occhi tristi, ma sorride. Credo che non sopporti il silenzio che gli hanno imposto. Lui vuole parlare. Gli fa bene.

In televisione, hanno smesso di scavare a fondo perché la loro storia non fa più notizia, ma le cose non vanno meglio; anzi. Hanno ripreso a fare le stesse fottutissime domande, a cui però Bill non può dare la stessa risposta. Quando gli chiedono del suo grande amore, non può rispondere L'avevo trovato. Deve dire che è là fuori, da qualche parte. E quando mi capita di vederle, queste interviste, mi chiedo chi è la testa di cazzo che prepara le domande e vorrei spaccargli la faccia. Trattano ancora Bill come se avesse quindici anni e fosse divertente farlo parlare della fidanzatina. O del fidanzatino. Non è divertente per un cazzo. E Bill non è più un adolescente che guarda in camera dicendo che crede nell'amore vero.

Ci credeva, ma gliel'hanno ammazzato a sangue freddo.

Le cose sono cambiate, ma tutti fanno finta che non sia così. E' per questo che io e lui finiamo a passare le serate a giocare a monopoli sul pavimento del mio salotto, perché quando parliamo non facciamo mai finta che Bushido sia vivo. Io non fingo che lui non sia diventato adulto e lui non finge di stare bene. Questo è il tipo di sincerità che fa male, cazzo; ma è giusta così. Le cose che vanno fatte non sono sempre quelle migliori.

Ad ogni modo, stasera è una di quelle sere.
Quelle in cui Bill mi telefona per dirmi che è sotto casa mia, se gli apro per favore. Mi guardo e cerco di togliermi le briciole dalla maglietta: stavo svaccato sul divano a guardare un film mal doppiato quando ha chiamato. La casa è un macello, non aspettavo ospiti e, diciamocela tutta, anche se li avessi aspettati sarebbe stata un macello uguale. Io ci vivo solo, qui.

"Questa casa fa schifo, Chaku," esordisce lui, non appena gli apro la porta e lo lascio passare. Si tira su gli occhiali da sole, incastrandoli bene sulla testa.

"Lo so, me lo dici sempre." Richiudo la porta e lo seguo in cucina. Benedico la lavastoviglie che mi permette di non avere la pila dei piatti sporchi da rigovernare nel lavandino. Sbatto tutto là dentro, quando ho voglia. Quando cucino, in effetti. Di solito è tutto precotto.

"Perché ogni volta spero che mi ascolti, e ti prenda una cameriera," dice annuendo, con un sorriso. "Una di quelle portoricane rotonde, magari. Tomi dice che sono carine."

Lo guardo divertito. "Tomi dice che sono carine?" Chiedo. Lui si stringe nelle spalle, come a dire che non gli interessa. Le uniche volte che ci siamo trovati insieme a fare apprezzamenti su una donna, io parlavo delle tette, lui parlava delle scarpe. E lo abbiamo capito dopo due ore di discussione: per me non erano mai troppo grandi, e lui si ostinava a dirmi che se erano troppo grandi non poteva camminare. "Ti va un po' di pizza avanzata?" Offro.

"Da quanti giorni è lì?" Chiede dubbioso. Quando solleva un sopracciglio, gli si muove tutta una parte della fronte. E' il suo sguardo da diva intransigente.

"Solo due," rispondo orgoglioso, mostrando le dita.

Bill si issa sul tavolo, e quei due metri di gambe che si ritrova quasi toccano ancora terra mentre è la sopra. "Accidenti, allora sono fortunato," esclama spalancando gli occhi. Poi solleva una busta. "Ho portato il cinese, uomo del ghetto."

"Come facevi a sapere?"

Mi sorride, un sorriso a metà, tutto di traverso. Furbo. "Che ti andava il cinese o che non avevi niente in casa?"

"Ehm..."

"Le due cose sono collegate, comunque: tu non hai mai niente in casa, ergo ti serviva del cibo." Mi spiega, infilando la testa nel sacchetto. "E so che ti piace il cinese... ti va l'involtino primavera o l'insalata di polpo? Mi lasci l'insalata che sono a dieta?"

Recupero la confezione di cartone che mi sta passando.
"Suppongo che mi vada l'involtino," rispondo.

Si sistema meglio, sempre seduto sul tavolo. Gli piace stare là sopra, o sullo schienale del divano. Non l'ho mai visto seduto per bene. Io afferro una sedia e lui mi passa le bacchette che ha tirato fuori dalla busta. "Com'è che sei a dieta?"

"Ho messo su qualche chilo," risponde, mettendosi in bocca un pezzo di polpo.

"Dove?" M'informo. Da qualunque parte lo guardi, è bidimensionale. Come quelle scarpiere che stanno anche dietro la porta del bagno. "Se dimagrisci un altro po', finisce che scompari!"

Lui sorride, e abbassa lo sguardo sulla sua insalata. Rimaniamo in silenzio per un po', finchè non sento cambiare qualcosa nell'aria. Succede tra il mio pollo al curry e il suo riso alla cantonese. E' una cosa che mi capita spesso con Bill, quando sta per dire qualcosa su cui ha pensato molto. Si prepara, si tende tutto. Lo vedo giocare con le bacchette nella scatolina. "Chaku?"

"Hmm?"

"MTV sta preparando una trasmissione su Anis," mormora. "Uno di quegli speciali, sai, per la morte dei cantanti con le interviste e... le testimonianze."

Non dico niente.

"Credo che faranno qualche stupido gioco d parole con King of Kingz nel titolo, roba così," gioca ancora con le bacchette, sembra pensieroso e non alza lo sguardo finché non aggiunge: "Mi hanno invitato."

Rimango lì con la mia scatola di cartone in mano. Non me la sento di evitare il suo sguardo, perché lo capisco che ha alzato la testa per vedere la mia reazione. "Che cos'hai deciso di fare?"

"Non ho deciso niente," si stringe nelle spalle. "Ho detto che ci pensavo."

Annuisco e ficco le bacchette nel pollo più forte di quanto volessi. Mi alzo e appoggio tutto sul tavolo, sento lo sguardo di Bill seguirmi mentre recupero la birra dal frigo. "Vuoi andarci?" Gli chiedo.

"Non lo so," risponde. Si guarda le mani, le unghie sono dipinte di nero stavolta. "Tu pensi che dovrei?"

"Non devo decidere io, Bill."

Si gira, sul tavolo, e appoggia una mano di fianco a sé. "Voglio solo sapere che cosa ne pensi."

Io penso che non abbiamo bisogno di una trasmissione ultra-sponsorizzata che infastidisca tutte le persone che ancora si ricordano bene di Bushido e svenda le sue immagini con musiche da commiato e interventi in diretta di vicini in lacrime. E penso che lo faranno a pezzi in quello studio.

Ma non posso dirgli quello che penso, perchè so cosa pensa lui.
Quella trasmissione è un modo per parlare di Bushido, del suo Bushido, e magari dire la sua su quello che è successo tra di loro. Forse lo sa anche lui che non è una grande idea, ma ha una gran voglia di andarci lo stesso e glielo leggo sul muso. Sul broncio della labbra. Non vuole dirmi che vuole andarci, però, se io penso che sia una stronzata.

Solo che io non lo so se sia davvero una stronzata. Non so un cazzo di niente. Proprio come lui. In questi momenti, quando crede che io conosca tutte le risposte, vorrei dirgli che è davanti alla persona sbagliata. Io non sono Bushido. E poi mi sento uno stronzo perchè magari lui non pretende niente da me, magari vuole solo parlare dal momento che a casa sua non può farlo. Gli dico solo la metà passabile dei miei pensieri. "Penso che ci saranno un sacco di stronzi in quello studio."

"Beh, ci saresti anche tu," mi guarda fisso.

Gli passo la birra che ho in mano, solo per potermi infilare di nuovo nel frigo a prenderne un'altra. "Fino a prova contraria, non mi hanno invitato."

"Lo faranno. Chiameranno tutta l'Ersguterjunge, è questione di ore," mi dice lui. Poi abbassa la voce. Lo fa sempre quando deve dire qualcosa che sa provocherà un cataclisma. "Chiameranno anche l'Aggro Berlin. E Fler."

"Cosa?" Mi tirò su di scatto e batto la testa contro lo spigolo di un mobile. "Cazzo!"

"Chaku!" Bill salta giù dal tavolo e mi raggiunge. La scena è un po' surreale perché me lo ritrovo piegato addosso ed è almeno dieci centimetri più alto di me. Non dovrebbe esserlo. E non so nemmeno perché non dovrebbe esserlo. La testa mi fa un male cane.

"Non è niente."

"Togliti il cappello."

"Non è niente!" Insisto e cerco di allontanarmi, ma dimentico sempre che non è una ragazza e ha la mia stessa forza, se non di più. Mi afferra per una spalla e mi toglie il cappello nonostante le mie proteste.

"Ti esce il sangue," commenta. Lo vedo che afferra i tovaglioli di carta e li bagna, me li preme sulla testa con l'aria di chi sa cosa sta facendo.

"Cazzo!" Sibilò di nuovo.

"Stai fermo," dice, mentre scruta la ferita e la pulisce piano. "Non è niente, comunque. E' solo un taglietto."

Incrocio il suo sguardo e lo sento smettere di premermi il tovagliolo sulla testa. Apre le labbra per dire qualcosa, ma poi se le inumidisce e basta. Mi passa il tovagliolo. "Tieni," dice, "Tienilo premuto ancora per un po', così smette."

Annuisco, perchè mi sembra la cosa più sensata da fare mentre lui fa tre passi indietro. "Ti capita spesso di curare musicisti feriti?"

"Mi capitava," risponde e incrocia le braccia al petto, tanto per darsi qualcosa da fare. Io mi sento un cretino.

"Scusa, pessima battuta."

"Non importa."

Ci sono momenti in cui prendo in seria considerazione l'idea di suicidarmi, anche se va contro tutto quello in cui credo. Farmi ammazzare con una coltellata per strada, forse, ma togliermi volontariamente la vita, quello mai. Mia madre ha sempre sostenuto che fare il lavoro che faccio, con il rischio altissimo che qualcuno mi spari, è un po' come suicidarsi, e forse ha ragione. Ad ogni modo non è questo il punto. Sto per aprire bocca e tentare di rimediare alla gloriosa figura di merda che ho fatto quando Bill parla prima di me.

"Chaku," mi dice. "Io credo di volerci andare."

E il Chaku ti accompagna, Principessa. Perché col cazzo che ti faccio entrare in quello studio da solo. Annuisco e poi getto il tovagliolo sporco di sangue nel cestino. "Va bene, ci andiamo."

Bill solleva lo sguardo e si illumina tutto. E' una roba un po' difficile da spiegare: spalanca gli occhi e vedi che brilla, come se avessero acceso le luci da dentro. Le prime volte ci rimanevo un po' come un ebete a fissarlo.

"Ci vieni davvero?"

"Vuoi andarci da solo?"

"No," esclama lui. "No. Io voglio che vieni anche tu. Vieni?"

Rido, perchè si è agitato e quando si agita si muove troppo.
E' troppo magro, quindi è come vedere un attaccapanni che ondeggia, un qualcosa di simile. Non credo che gli piacerebbe sapere che ho avuto quest'immagine mentale di lui. "Ti ho detto di sì!" Rido e poi lo spintono verso il salotto. "Ti va un film?"

Bill si stringe nelle spalle e annuisce.

Quando Bill viene qui, faccio in modo che sul tappeto del mio salotto non ci siano i panni sporchi di una settimana. Capita, a volte. Non che io mi impegni a rimettere a posto, ma devo dargli un posto in cui sedersi o rimarrà in piedi: l'ho visto. Le prime volte dimenticavo che Bill non ha niente a che spartire con Eko e Kay One, i quali sono in grado di mangiare cose dal mio frigorifero che non ho idea di quando vi sono entrate. Tanto per darvi un'idea.

Scelgo un flm qualsiasi. Uno che abbia un po' di sparatorie, ma che contenga un minimo di trama: qualcosa che Bill possa guardare e struggersi un po'. Credo abbia voglia di struggersi. Non ho mai capito perché, quando è depresso, abbia voglia di deprimersi ancora di più, è qualcosa che sfugge alla mia logica. Qualcosa che è tipicamente femminile, per altro, perchè anche la mia ex passava le ore a guardarsi film strappalacrime quando gli ormoni del mestruo la gettavano nel suo mensile baratro di disperazione.

Ora, dal momento che Bill non ha le mestruazioni - e ancora mi rivedo Eko che insiste col dirmi che secondo lui in realtà è una donna - ne devo dedurre che la sua ricerca di depressione inizia quando qualcosa gli va storto. Il che è anche peggio, perchè tu puoi avere le palle girate ben più di una volta al mese.

"Chaku?"

Mi giro, rendendomi conto che mi sono perso nei miei pensieri di nuovo. Capita spesso, di recente. "Sì?" Mi volto verso di lui e lo vedo che si trascina sul divano, accoccolandosi con la testa sul bracciolo opposto al mio.

"Ti dispiace se dormo qui? Non ho voglia di tornare a casa."

Lo avevo dato per scontato. "Certo. Puoi usare la mia camera, se vuoi."

Lui scuote la testa. "No, il divano va bene. Mi piace il tuo divano."

Bill non ha mai voluto dormire nella mia stanza.
Inizialmente pensavo che fosse una forma di cortesia: già si auto-invitava a casa, non voleva disturbare oltre. Poi sono arrivato alla conclusione che il divano gli piaccia davvero e non ho idea di come questo sia possibile. E del perchè mai una persona della sua misura possa trovare piacevole dormire appallottolato in metà dello spazio che gli servirebbe. Bill è una creatura aliena che è entrata nella mia vita un po' troppo in fretta perché l'abbia ancora studiata per bene. "Sei sicuro?" Chiedo. Lo faccio sempre. "Non starai scomodo?"

Lui ha gli occhi semichiusi e tanto sonno, ma sorride guardandomi di traverso. "Sto bene, voglio dormire qua sopra, però."

"Ai tuoi ordini, Principessa." Rido.

Mi tira un cuscino. "Piantala di chiamarmi così, stronzo."

"E come dovrei chiamarti?"

Lui tira su un sopracciglio, che con lo sguardo che ha - quello assonato - è tutto un programma. Non so come spiegarlo, ma smette di essere femminile. Quel sopracciglio, quello sguardo. E' strano. "Con il mio nome magari. Che ne dici, Peter?"

"Tu non dovresti sapere quel nome," faccio una smorfia. Devo averglielo detto chissà quando, in un momento in cui eravamo tutti quanti molto ubriachi, temo.

Bill si stringe nelle spalle. "Lo avrei comunque trovato su Wikipedia."

"Mi hai cercato su Wikipedia?"

Lui annuisce. Recupera la sua birra e tira giù un sorso. "Te e tutti gli altri, ovviamente. Dovevo sapere con chi avrei avuto a che fare quando Anis mi portò a conoscervi."

Annuisco, sgranando gli occhi come se fossi meravigliato. "E certo Wikipedia poteva aiutarti in quel senso," esclamo sarcastico. "Avresti potuto chiedere direttamente a lui."

"L'ho fatto, ma non era obbiettivo," commenta. "Eravate tutti dei bravi ragazzi, per lui."

"E non lo siamo?" Sollevo le sopracciglia un paio di volte.

"Tu lo sei."

Non riesco a dire niente, a questo punto. E lui comunque non si aspetta una risposta, torna a guardare il film.
Mi viene in mente una serata precisa, quella prima della morte di Bushido. Ci siamo io, lui e due birre come stasera. Solo che Bushido mi sta seduto di fronte e non stiamo guardando uno stupido film. Ricordo i suoi occhi e la serietà che c'era dentro, mi veniva quasi da ridere, ero nervoso: le cose non erano mai state davvero così serie da aver bisogno di quella faccia lì. E poi Bushido mi guarda e mi dice che potrebbe morire, che Fler potrebbe ucciderlo intendo, e che io devo prendermi cura di Bill.
Ho sentito il cuore finirmi in gola e non ho mai capito se fosse per lui che moriva o per Bill che rimaneva da solo. E io gli dico di sì, ovviamente, perché sono suo amico e perché Bill mi piace e non voglio che finiscano per mangiarselo vivo solo perché non sa come funzionano queste cose. Non lo sa che nessuno osa dirgli niente solo perchè c'è Bushido a proteggerlo. O forse lo sa, ma non ha idea di che cosa vorrebbe dire non vivere più nell'ombra di uno come lui.
Certo a me non daranno retta al punto di lasciarlo in pace, ma io so difendermi dal branco. Bill no.

E quindi, d'accordo Atze, fidati di me.

Ho sperato che non ce ne fosse mai bisogno, che Bushido tornasse a riprenderselo dopo aver fatto il culo a Fler.
E invece la Principessa è sul mio divano, e non sa che farsene di se stesso ora che non verrà nessuno a portarlo via.
Siamo in due però. Nemmeno io so cosa cazzo fare. Con lui, con me. Stiamo aspettando, e non sappiamo che cosa.

Due ore dopo, Bill ha finito la sua birra e questo è bastato a stenderlo definitivamente.
Si è appallottolato tutto su un angolo del divano, con le mani sotto la guancia e io ho dovuto andare a cercare una coperta, nel casino del mio supidissimo armadio, per coprirlo. Sennò domattina si sveglierà con il raffreddore, il mal di gola e chissà cos'altro e non voglio che centinaia di ragazzine nel mondo rimangano deluse se lui non può più cantare.

Certo, centinaia di ragazzine nel mondo...

Quando bussano alla porta, sono a metà strada tra la mia stanza e il divano, con in mano un piumino azzurro a nuvolette bianche che non so come sia finito nel mio armadio. Non è mio. O meglio, non è più mio da quando avevo dodici anni: suppongo che mia madre sia passata da queste parti mentre non c'ero.

Copro Bill e poi raggiungo la porta, dove continuano a bussare neanche stesse andando a fuoco il corridoio. "Arrivo!" Sibilo, che poi è inutile perchè se parlo piano dall'altra parte nessuno può sentirmi. Quando apro, comunque, sono pronto a trovarci chiunque, ma non lui.

Non lui, e la sua faccia di merda che mi fissa.
M'incazzo così tanto e così istantaneamente che non mi rendo nemmeno conto che non è in sé; lo afferro per la maglietta e lo sbatto di violenza contro il muro dall'altra parte del corridoio. "Cosa cazzo ci fai tu, qui?" Gli ringhio in faccia.

Fler si lascia schiantare contro il muro e alza le mani. "Devo parlarti," alita e il fiato gli puzza così tanto che potrei indovinare cosa cazzo ha bevuto. Lo tiro via dalla parete e ce lo sbatto contro di nuovo, solo per il gusto di vedere la sua testa che ondeggia e colpisce le mattonelle. Si lamenta.

"Non hai un cazzo da dirmi, stronzo!"

Lo lascio andare e cade per terra, dove lo prendo a calci un paio di volte. Dio, sono così fottutamente incazzato che potrei spaccargli la testa qui, nel corridoio del mio palazzo. Lo vedo piegarsi a riccio mentre lo prendo a pedate nello stomaco e l'unica cosa che mi viene in mente è: ha ucciso Bushido. Ha sparato due colpi. Bushido è morto. Bushido è morto per colpa sua.

Voglio ammazzarlo.

Il pensiero che Bushido sarebbe qui se lo stronzo ai miei piedi non avesse premuto il grilletto è l'unica cosa che riesco a razionalizzare. E mi viene voglia di pestarlo. E lo faccio, porca puttana. Mi chino in terra sulle ginocchia e gliele tiro dirette in faccia. Un pugno dopo l'altro. "Con che coraggio ti presenti qui?" Gli grido, e colpisco. "L'hai fatto fuori bastardo!" Grido e colpisco. E non mi importa se si sveglierà il palazzo. Se si sveglierà Bill.

Voglio il sangue.

E lo voglio perché mi ha presentato la sua faccia qui, come se niente fosse. Come se non fosse tutto un fottuto casino dopo la morte di Bushido. Vaffanculo. Vaffanculo. Vaffanculo.

E poi lo dice. "Non sono stato io, Chakuza!"
La prima volta lo colpisco lo stesso, perché le sento a stento le sue parole. Si copre il viso, ma gli esce sangue dal naso e dalla bocca.

"Stai zitto!"

"Cristo Santo!" Impreca. "Fermati! Io non c'entro un cazzo!"
Grida e Grida. Lui non colpisce. Lui se ne sta lì a farsi picchiare e dice che non è stato lui. E mi fermo.

Lascio che si alzi a sedere e vedo che si pulisce la bocca. Sputa nel corridoio. "Cazzo!" Si guarda le mani che sono sporche di sangue e poi si passa l'avambraccio sulla bocca. "Mi hai quasi spaccato la faccia."

"Che cosa cazzo vuoi?"

"Te l'ho detto: parlare," risponde lui, sarcastico. "Pensavo si usasse dalle vostre parti." Si tampona il naso.

"Ti dò un minuto per spiegarti, poi ti butto fuori di qui a calci nel culo."

"Peter-"

"Chakuza."

"Chakuza, ascoltami-"

"Cinquanta secondi..." scandisco.

Fler sospira. "Non sono stato io," ripete. "Quella notte ero sotto casa sua ma non ho sparato. Qualcuno lo ha chiamato e sono partiti i colpi. Io non ho fatto niente."

"Perché dovrei crederti?"

"Perchè cazzo sarei qui?" Ringhia lui. "Pensi che sarei così coglione da venire a bussarti a casa se fossi stato io?"

Ci penso, e ha ragione. Quale motivo avrebbe avuto di uscire allo scoperto per venire da me?
Seriamente, Fler non è mai stato una cima ma non è mai stato davvero così stupido. Sa che noi, noi dell'Esguterjunge, lo vogliamo tutti morto.
Quindi ghigno. "Non si sa mai con voi dell'Aggro Berlin," replico. E poi gli tendo una mano. "Alzati."

Lui si aggrappa e si tira su a fatica. Barcolla, un po' perché è ancora ubriaco e un po' perchè gliele ho tirate veramente. "Guarda che anche il tuo Re era uno dei nostri, te lo ricordi?" Biacica.

"Stai zitto, prima che te le tiri di nuovo. Hai ancora venti secondi." Lo trascino in casa e lui si accascia su una sedia. Lo lascio a guardarsi intorno e vado a prendergli uno straccio perchè eviti di grondarmi sangue sul pavimento. Glielo tiro praticamente in faccia quando ritorno.

"Mi metti in conto anche questi, di secondi?"

"Dieci," rispondo, incrociando le braccia al petto. "Ti conviene sbrigarti."

"Okay, okay," mette le mani avanti. "Ascolta, sono qui solo perchè dovevo dirlo a qualcuno, va bene?"

"Perchè a me?"

"Perchè sembri il meno stupido," mi fulmina lui. "Ora me li lasci usare questi fottuti dieci secondo o no?"

"Sette."

"Io e Bushido ci siamo presi a coltellate, poi lui me le ha tirate e se n'è andato lasciandomi in terra come uno stronzo. Immaginavo che sarebbe corso dal suo ragazzino, quindi sono andato lì anche io. L'ho visto attraverso la finestra. Volevo soltanto... cazzo, non lo so... ma ad un certo punto qualcuno ha fischiato. Il nostro fischio, intendo, roba mia e sua di quando eravamo due ragazzini e lui si è affacciato per quello. Cristo. E poi gli hanno sparato. Due colpi."

"Chi?"

"Non lo so."

E i suoi sessanta secondi sono finiti, ma non posso mandarlo via.
In questo preciso momento non so cosa pensare. Non lo so perchè ho davanti quello che credevo l'omicida di uno dei miei migliori amici, e invece non lo è. O dice di non esserlo. Ma io non trovo un solo motivo per cui dovrebbe mentire.

La polizia già lo crede innocente. Io potevo solo ammazzarlo a sprangate, quindi a venire qui, a sparare cazzate, non ci guadagnava niente. Fler sta dicendo la verità. E questo forse mi preoccupa più di tutto il resto; uno, perchè mi sono accorto che tra Fler e Bushido non c'è un cazzo di differenza. Hanno lo stesso sguardo incazzato, gli stessi occhi scuri che ti guardano e non capisci mai cosa cazzo c'è dentro il più delle volte. Però ci sono volte che ci leggi dentro tutto, perchè lo fanno apposta. Ci parlano con gli occhi questi due.

E due, due perchè se non è stato Fler - che aveva un motivo, che lo conoscevamo, che ce l'ho davanti e potrei pure strangolarlo - allora significa che è stato qualcun altro. E potrebbe essere chiunque.
Anche uno che non aveva un cazzo di motivo valido e quindi potrebbe pure venire ad ammazzare me, o Saad.

O Bill, cazzo.

"E comunque dovevo togliermi il peso prima di quella fottuta trasmissione," dice Fler.

"Quale trasmissione?"

"Quella di TRL. Hanno chiamato anche noi dell'Aggro Berlin," risponde e stringe la mano a pugno. "Sono dei bastardi, è chiaro che vogliono vedere come ci ammazziamo in televisione."

A quel punto mi chiedo perché Bill lo sapesse, e lo sapesse anche Fler mentre io ero a casa mia e non sapevo un cazzo. Devo parlare con Saad. In quel momento, però, sulla soglia compare Bill e la sequenza di eventi che ne segue è surreale.

Fler si gira verso di me e mi chiede "Cosa ci fa il ragazzino a casa tua?" E ha uno sguardo e un ghigno che non voglio interpretare per quelli che sono perché sennò ricomincio a pestarlo. Solo che non farei in tempo.

"Tu!" Bill percorre lo spazio che lo separa da noi ad una velocità impressionante e gli si fa addosso come una furia.

Fler fa in tempo a dire, "Kaulitz, lascia che-" poi si prende un'altra scarica di botte e scopre che Bill sembra fragile, ma ha delle mani enormi. Ed è tutt'ossa. Quindi fa male. Malissimo.

"L'hai ammazzato!" Grida Bill. "Sei un maledetto bastardo."
Fler si copre di nuovo la testa, gli cade lo straccio di mano. E quando Bill lo butta giù dalla sedia e gli si avventa addoso io comincio seriamente a temere per la sua vita.

"Bill, fermo!" Provo, ma non mi ascolta. E giustamente.
Ha per le mani l'assassino del suo ragazzo, se non lo fa a brandelli ora è un miracolo.

"Cristo, Chakuza! Toglimelo di dosso!"

"Bill! Bill, adesso calmati!" Lo afferro da dietro e me lo stringo addosso. Cerco di strapparlo da Fler che è ancora in terra e lo tiro via mentre scalcia e urla e tenta di liberarsi.

"Mi è morto tra le braccia, cazzo!" Ringhia verso Fler. Lo stringo più forte, e lo sento tremare. "Lo sapevi questo, figlio di puttana? Te lo hanno detto che gli ho pianto addosso finchè non se n'è andato? Ti sei divertito all'idea?" In quel momento si calma, perde come tutte le forze. "Bastardo!" Mormora. Sto per lasciarlo andare ma fa uno scatto in avanti e così lo riprendo al volo. Non pesa niente, niente. Ma è un fottuto fascio di nervi. "Vaffanculo!" Ringhia. "Chaku lasciami!"

"No!" Grido quanto lui. "Lui non c'entra niente!"

"Cosa?"

"Adesso ti lascio andare e tu ti siedi," gli dico. "E ti spiego tutto. Va bene?"
Bill non reagisce, così stringo la presa. "Va bene?" Chiedo di nuovo.

Lui fa un cenno secco con la testa e io, lentamente, lo lascio andare.
Rimane in piedi e guarda Fler come se volesse incenerirlo. Lo prendo come un miglioramento, quindi dico a Fler di ripetere tutto da capo. Lui lo fa e Bill non gli crede proprio per un cazzo, ovvio.

"Non è vero," dice.

"Io non ho sparato," ripete Fler. E Bill mi guarda e io annuisco, per rassicurarlo.

"Se non sei stato tu, chi diavolo è stato?" Chiede. "Soltanto tu avevi un buon motivo per ucciderlo."

"Io e altre centinaia di persone. Forse non te lo ricordi, ma la buonanima non era uno stinco di santo," risponde Fler. "Era un bastardo, come me."

Per qualche istante rimaniamo tutti quanti in silenzio, il che è un bene, Credo che Bill abbia bisogno di tempo per metabolizzare la novità e per superare lo scatto omcida nei confronti di Fler. A me, per dire, prudono ancora le mani e non tanto per la morte di Bushido, quanto per tutto il resto. Fler ne avrebbe di cose per farsi pestare.

Poi Fler abbassa la testa, e sospira. "Mi dispiace, ragazzino. Lo so come ti senti."

Bill gli dà un ceffone talmente forte che sento lo schiocco. D'istinto incasso la testa nelle spalle perché sberle del genere a me le dava solo mia madre. Perfino Fler ha due occhi che sembra un gufo. Sibila un, "Cazzo," tenendosi la guancia.

"Tu non lo sai come mi sento," mormora alla fine Bill. La testa bassa anche lui. "Ma Grazie."

La mattina successiva, riporto Bill a casa e lo scarico praticamente tra le braccia tese di suo fratello che non è per niente contento di vederlo passare la notte da me. Non che dica niente, sia chiaro, ma so che se sta zitto lo fa solo perché Bill di me - o della mia casa - sembra avere bisogno. Fosse per lui me ne avrebbe già dette chissà quante.

La mia seconda tappa è Saad: se Fler non è l'omicida di Bushido, allora lo deve sapere. E poi dobbiamo pensare a come muoverci perché qui la cosa è piuttosto seria.
Gli suono direttamente a casa e attraverso il citofono mi arriva la voce di sua figlia.

"Chi è?"

"Sono Chakuza. Papà è in casa?"

Sento un trambusto, quindi la bimba che strepita un "Papà c'è CaZUka!" e subito dopo la risata di Saad e lo scatto del cancello che si apre. La casa di Saad non è come la mia: è pulita. D'altronde lui non deve farsi il bucato, non deve cucinare e non deve pulire per terra.

E non deve farlo nemmeno sua moglie: hanno una cameriera.

"Hey Atze, cosa ci fai qui?" Mi accoglie.

"Devo parlarti." Lui evidentemente capisce che non sono venuto lì a cazzeggiare così mi indica il suo studio con un cenno della testa. La bimba attraversa la stanza con la palla in mano e lui la sgrida leggermente, dicendole che finirà per rompere qualcosa.

"Che cosa c'è?" Mi chiede, chiudendosi la porta dello studio alle spalle.

"Fler è venuto da me, ieri."

Si ferma per un istante con la mano ancora sulla maniglia della porta, poi raggiunge la poltrona girevole della sua scrivania e ci si lascia andare sopra. "Spero che tu lo abbia ammazzato di botte," risponde gelido.

"Per un po' l'ho fatto."

"Che bastardo. Con che faccia-"

"Dice che non è stato lui," butto lì, sedendomi.

Saad ride e scuote la testa. "Lo ha sempre fatto. Non è stato lui, la sua pistola non ha sparato," dice. Poi il suo sguardo si fa serio e batte un indice sul piano del tavolo. "Però Anis è morto. La sua tomba è al cimitero, coperta di fiori. Sua madre ci piange ancora tutti i giorni sopra."

"Lo so. Lui però dice che era lì e che i colpi che ha sentito li ha fatti partire qualcun altro," insistito. "Qualcuno che sapeva come richiamare Bushido alla finestra."

"E tu credi ad un traditore?"

"Credo ad uno che ha rischiato di farsi ammazzare di botte pur di dirmi questo," rispondo, guardandolo dritto negli occhi. Io e Saad abbiamo sempre avuto un qualche problema di fondo ma è sempre andato tutto bene finché io non ho cominciato a pensarla diversamente da lui.

Rimane in silenzio per un tempo lunghissimo e guarda il vuoto di fronte a sé. Saad lo fa spesso, ci mette ore a rispondere e a formulare pensieri perchè ogni parola è studiata al dettaglio. Saad è l'esatto contrario di Eko, che vomita parole ancora prima di averle pensate. "Anche ammettendo che non sia stato lui, cosa a cui non credo. Questo non cambia le cose." Mi dice alla fine.

"C'è qualcuno là fuori che ha seccato Anis per un motivo," rispondo. "Potrebbe essere chiunque e potrebbe non aver finito."

Voglio sperare che stia solo meditando e che progetti di rispondermi, così attendo; ma non lo fa. Rimane immobile a fissare qualcosa che non vedo appena oltre la mia spalla.

Saad è alto e ha la pelle chiara. Non ha niente del libanese. Chiunque lo incontri per la prima volta non dubita per un solo istante che sia tedesco: la mascella quadrata, i capelli biondi e gli occhi verde scuro. Pura razza ariana, insomma. In realtà è solo una versione di Bushido messa in candeggina: una minoranza etnica che si è messa a gridare la merda di questa nazione quando ad un certo punto non ce l'ha fatta più. Credo che sia questo che li ha resi entrambi così incazzati e così uniti nella loro incazzatura: nel caso di Bushido, è stato un padre che se n'è andato lasciandolo mezzo tunisino in un mondo di tedeschi. Nel caso di Saad è stata una guerra civile che lo ha vomitato in Germania, dove ne ha trovata un'altra.

Bushido, però, di quella rabbia ne aveva fatto un lavoro. E una volta diventato il King of Kingz, quella rabbia l'aveva relegata tutta nei suoi cd. Saad no. Saad ha sempre continuato ad odiare, è sempre rimasto incazzato lui. E lo è anche adesso. Lo è quando non mi sta neanche a sentire se gli dico che Fler è venuto a farsi prendere a sberle pur di ammettere la propria innocenza. Per Saad sembra non esserci un'altra realtà, se in quella che conosceva ha riposto tutto il suo odio.

Sospiro. Cambio discorso. "Perchè non sapevo niente della trasmissione di TRL?" chiedo.

Lui alza lo sguardo su di me e mi osserva per qualche istante prima di tornare al presente, credo. Non so, non è facile seguire i suoi pensieri perché non gli passano dagli occhi. "Contavo di dirtelo oggi," mi dice. "Ti avrei chiamato in mattinata, ma mi hai battuto sul tempo."

Avrebbe potuto chiamarmi ieri, mi dico.
"Ci sarà anche Bill," lo informo. Lui non mi risponde una parola, ha solo un'aria vagamente irritata. "Forse sarebbe il caso che ci organizzassimo per proteggerlo."

"Proteggerlo non è affar nostro," replica lui. "In generale, lui non è affare nostro."

"Era il ragazzo di-"

"Non era niente," mi interrompe lui. "Anis ha sempre fatto così: si ostinava nelle cose quando gli dicevi di non farle. Si è impuntato perchè eravamo contrari."

Tu eri contrario, vorrei dirgli. Invece gli dico: "Bushido voleva bene a Bill."

"Se lo scopava," mi corregge lui, con tanto disgusto nella voce che mi aspetto che vomiti da un momento all'altro. "Non so quale contatto gli fosse saltato nel cervello, ma di certo non era amore."

"Si è fatto sparare, per Bill,"

"Si è fatto sparare perchè era un coglione," replica lui. "Trattare quel finocchio come la sua ragazza. Cosa pensava che lo avrebbero applaudito?"

Mi sorprende che Saad sia così esplicito.
Sono mesi, anzi ormai è più di un anno, che la pensa così ma non si è mai azzardato a dire niente quando Bushido era ancora in vita. Non ha detto niente nemmeno quando ci siamo trovati tutti all' Esguterjunge a discutere se eleggere o meno un nuovo leader. Se l'è tenute tutte dentro le sue cose; ora, però, al sicuro tra le quattro mura del suo ufficio le spara fuori una dietro l'altra.

"Quindi chiunque gli ha sparato ha fatto bene?"

"Non ho detto questo," si riappoggia alla poltrona di pelle. "E' stata una cargona, ma una carogna che si è aggrappata a qualcosa che lui stesso gli aveva fornito. Non puoi vivere in questo ambiente e pensare di cambiare le regole nel modo in cui pensava lui. Non lo fai e basta. Credi forse che gli sia andato contro, giorno dopo giorno, per il gusto di farlo? Io non mi divertivo a scornarmi con lui, tentavo solo di farlo ragionare."

Non dico niente. Che cazzo dovrei dire?

"Ho solo tentato di salvarlo," conclude poi, battendo una mano sul piano del tavolo. "Solo questo. Ma credi che mi abbia dato ascolto? Lo sai anche tu com'era!"

Sì lo so, com'era: innamorato.
E' una parola che non ho mai usato così spesso come in questi ultimi mesi. Con Bill intorno, però, è impossibile non usarla perchè il suo mondo è fatto esclusivamente d'amore. Se anche lui e Bushido facevano sesso, lui non te lo dirà mai. Ti dirà che facevano l'amore. Ti dirà che Anis lo amava e che lui amava Anis. Quando parli con Bill non c'è spazio per tutto lo schifo che Saad ci vedeva e ci vede dentro. E se provi a guardare quello che è successo con gli occhi di Bill, ti accorgi che ha ragione lui.

Bushido non ha mai cercato di dire che stare con un maschio effemminato era la nuova via da seguire per i rapper. Ha solo detto che lui aveva scelto Bill, cos'altro poteva fare? Cos'altro poteva fare Bill se a lui Anis piaceva?

"Non siamo riusciti a proteggere Bushido, forse dovremo provarci con Bill," dico ancora. "Presentandosi a quella trasmissione rischia più di quanto abbia fatto nell'ultimo anno."

"Che non si presenti, allora."

"Ne ha il diritto."

"E allora ne paghi le conseguenze."

"Saad, lui non ha idea di cosa significhi," esplodo. "Non immagina nemmeno che potrebbe essere pericoloso."

Saad si alza in piedi e sbuffa. E quando fa così, con quegli occhi cattivi che si ritrova, sembra uno di quei capomafia italiani nei film. "Lo scoprirà, allora. Tu cosa ne dici?"

"E' un ragazzino."

"Viziato e cresciuto nella bambagia," mi fa notare. "Ha solo 4 anni meno di me e l'unica cosa che è in grado di fare è mettersi lo smalto sulle unghie. Non è affar mio se vuole cacciarsi in qualcosa di più grande di lui. Il fatto che Bushido sia morto sul suo letto avrebbe dovuto dargli la misura delle cose."

"Non puoi davvero-"

"Posso, perchè non me ne frega niente, Chakuza." Ed è così netto, freddo e deciso che non so più chi diavolo mi ritrovo davanti. Penso che no, proprio non ce lo voglio all'Esguterjunge. "E poi ha le sue guardie del corpo."

"Addestrate per tenere a bada branchi di ragazzine semi-nude..."

"Che lui comuque non guarderà," sorride sarcastico. "Ascolta, te l'ho già detto, Bill Kaulitz non è un problema nostro e, se mai lo è stato, ha smesso di esserlo quando mio cugino ha lasciato questo mondo. Ora, se vuoi scusarmi, devo andare a trovare Luise Maria. Qualcuno fra di noi deve pur farlo."

Saad si alza e mi accompagna alla porta senza lasciarmi nemmeno il tempo di provare di nuovo a convincerlo. Rimango seduto in macchina di fronte a casa sua finché non lo vedo uscire, diretto alla casa della madre di Bushido. Non so cosa cazzo fare, sinceramente. Bill vuole andare a quella trasmissione e, con in giro un bastardo assassino di cui non sappiamo niente, la cosa equivale ad un suicidio. Io però sono da solo. Così non mi resta altro che fare qualcosa che mi sarei volentieri evitato.

Quattro ore dopo, io e Fler siamo seduti in un caffé a metà strada tra la sede dell'Esguterjunge e quella dell'Aggro Berlin. C'è un sacco di gente e un sacco di traffico.
"D'accordo, ripetemi perché sono qui?" Fler si guarda intorno come una volpe inseguita da una muta di cani da caccia. Ha un occhio completamente chiuso e l'altro violaceo. Il labbro è tagliato e così anche la fronte. Uno dei due polsi è fasciato e ricordo distintamente di averlo colpito io.

"Chiamiamola una zona franca," rispondo.

Lui solleva l'unico sopracciglio sano e mi guarda come se fossi un pazzo.

"Tu non hai ucciso Bushido," dico.

"Cristo, no," sbotta lui. "Non ti sono bastate quelle che mi hai tirato ieri. Vuoi ripetere lo spettacolo di fronte ad un pubblico pagante? Non gli ho sparato, non ho premuto il grilletto ma non ho idea di chi sia stato. Ora, da quale parte mi salterà addosso quella strega indemoniata?"

"Chi?"

"Kaulitz."

Rido. "Non c'è, stai tranquillo e comunque no, sono qui per un'altra cosa. Alla trasmissione di TRL ci sarà anche a lui e io credo che abbia bisogno di protezione."

"Noi non gli faremo niente. Sido è contro la violenza - povero pazzo - e io sono un po' stanco della faccenda," commenta.

"Mi riferivo a chi ha ucciso Bushido."

"Quello è un problema vostro. Kaulitz è uno di voi, voi lo proteggete."

Mi piacerebbe che fosse così. Se Bill avesse fatto parte della crew, Saad avrebbe avuto poco da protestare ma Bill ne è sempre rimasto fuori. Era un'altra cosa. "Saad non ci sta e gli altri lo seguono a ruota. Sono col culo a terra."

"E questo dovrebbe interessarmi perchè?"

"Perchè se ti interessa dimostrare la tua innocenza, allora questa potrebbe essere la tua occasione. Aiutami a proteggere Bill come prova di tutto ciò che hai detto."

Fler mi guarda a lungo, e io guardo lui come è successo la prima volta a casa mia, ma non riesco a leggere niente sul suo viso se lui non vuole. Infine fa un cenno impercettibile col capo. "Siamo d'accordo."

Sorrido. "Siamo d'accordo... Atze."

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