One Step Closer

di lisachan
Il budino al cioccolato che la signora Lotte ci ha mandato oggi era così tanto che non so com’è che non siamo morti nel tentativo di divorarlo tutto. Il problema è che era anche troppo buono per non cercare di mandarne giù il più possibile – che poi immagino sia un problema piuttosto grave; voglio dire, per quanto buona sia una cosa, non puoi mandarla giù se fa male. Dovrei cominciare ad imparare dal mio stomaco. Che per ora, giustamente, si sta lamentando dolorante, mentre io cerco di riprendere coscienza sul divano accanto a Fler, che sta svaccato nel mio stesso identico modo ed anche lui si tiene una mano sulla pancia e cerca di recuperarsi dal fondo di indigestione nel quale è caduto.
Sul tavolino, il contenitore di plastica non mantiene che qualche traccia di ciò che è stato il budino più buono della mia vita. Io non sono male in cucina, è che mi pesa il culo a cucinare, e comunque il budino così buono non so farlo. Dovrò chiedere lumi alla signora Lotte. Magari in un momento in cui Fler non mi vede, così mi risparmio almeno la presa in giro.
- Cristo… - mugugna lui in una mezza risatina, provando senza risultati a rimettersi in piedi, - …non ce la faccio a tornare a casa. – ammette, tornando ad abbattersi sul divano.
Io ghigno, battendogli una pacca rumorosa su un ginocchio.
- Siccome in genere ti servono scuse, per restare…
Fler mi allunga un calcio contro uno stinco – lo fa spesso e, anche se gioca, non si trattiene mai dal fare male, stronzo che è – e mi lancia un’occhiataccia offesa.
- Se preferisci mi trascino fino in macchina e dormo lì, bestia.
Rido ed affondo fra i cuscini, chiedendomi per un attimo se non potrei spedire Fler sulla poltrona e dormire qua sopra. Voglio dire, non sarebbe male. Fler che respira tranquillo qui accanto e il profumo di Bill ovunque, appiccicato sui cuscini, sulla stoffa, alla mia pelle. Non sarebbe affatto male.
- No, dai. Non si mandano i bambini da soli per strada di notte. – lo prendo in giro. Lui mi guarda malissimo ed io non gli tiro un cuscino in piena faccia solo perché sto raccogliendo le ultime forze per rimettermi in piedi lo stretto necessario per trascinarmi a letto. Ho deciso che no, non è il caso di dormire su questo divano. Dovrò togliermelo dalla testa, Bill, in qualche modo.
Faccio presa con entrambe le mani sul bordo del divano e mi tiro su con un grugnito di fatica. Fler mi aiuta a suo modo, sollevando una gamba e piantandomi un piede nel centro della schiena, spingendo per mettermi in piedi neanche fosse un dannato argano.
- ‘Fanculo. – borbotto massaggiando il punto dolente e voltandomi a guardarlo con irritazione scherzosa, - Guarda che ti metto a dormire sullo zerbino all’ingresso.
- Non hai uno zerbino all’ingresso, Chaku. – ride lui, accomodandosi meglio e prendendosi più spazio sul divano.
- Be’, allora ti metto a dormire sul nudo pavimento. Ti piace di più, come ipotesi?
Fler sospira e scrolla le spalle.
- Vado dalla signora Lotte. O da Sido. Vuoi che non trovi qualcuno che mi ospita? La gente fa a calci per avermi intorno, sono un ottimo inquilino.
- Io ti ho visto solo scroccare, da che ti conosco. – rido, anche se so che quello che ho detto non è esattamente vero.
- Io non scrocco! – s’infuria prevedibilmente lui, scattando repentino a sedere. L’effetto ovvio è che lo vedo accasciarsi come stesse svenendo sui cuscini, mugolando un dolore di cui non capisco le parole precise. – Morirò. – afferma quando riesce a riprendersi almeno un po’, rotolando sul divano, - Peggio: vivrò per sempre e non riuscirò mai a digerire.
- Coraggio, piantala di lamentarti e vieni di là. – lo rimprovero tendendogli una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi, - Così ti do la coperta e ti puoi mettere tranquillo.
Fler mugola e si agita come un bambino, ma poi si rassegna e prende la mia mano, giocando un po’ a cercare di farmi cadere prima di lasciarsi tirare su.
- Ma perché non la vai a prendere e me la porti tu…? – implora stremato mentre allunga una mano piena d’amore verso la poltrona che è ormai diventata né più né meno che la sua cuccia, in pratica.
- Col cazzo che io arrivo fino in camera da letto e poi torno qui, Fler. – annuncio sgomento, cominciando a trascinarmelo deciso dall’altro lato della casa.
Lo mollo appena arriviamo in camera, mi dirigo verso l’armadio e lo vedo lasciarsi ricadere sul letto con aria esausta, piantando entrambe le mani sul materasso e sospirando pesantemente.
- Vomiterò, me lo sento. – mugugna disperato.
- Non sarebbe la prima volta. – commento io recuperando la coperta da un cassetto e voltandomi a guardarlo. Quando lo faccio vedo che nel mentre lui s’è steso sul materasso. Le gambe sporgono fuori dal letto e sfiorano il pavimento, ha una mano ferma sul ventre e l’altra aperta sul piumone. Ha anche gli occhi chiusi e l’espressione più rilassata che gli vedo addosso da… troppi giorni.
Mi muovo piano e mi seggo accanto a lui, guardandolo dall’alto. Quando mi sente pesare sul materasso, Fler apre gli occhi e mi guarda. Non dice niente e nemmeno io, ed in quei due secondi ho la netta impressione che mi stia chiedendo qualcosa e che io gli stia rispondendo di sì. Però non ho la minima idea di cosa significhi questa risposta.
- Vuoi mica dormire di nuovo qui? – faccio ironia, inarcando le sopracciglia.
Fler scuote il capo.
- Ora mi alzo. – mi rassicura.
Si tira su con un colpo di reni ed il suo viso passa vicinissimo al mio. Combatto contro la prima idea – che è quella di puntargli una mano sul petto, rimetterlo disteso e poi andare con la corrente – ma non riesco a vincere contro la seconda idea – sporgermi e baciarlo, dannazione – perciò depongo le armi ed i premi sono un calore ed una morbidezza cui sto cominciando controvoglia – ma davvero? – ad abituarmi. Fler mi si avvicina strisciando sul materasso ed io osservo un po’ i suoi occhi chiusi prima di chiudere a mia volta i miei – non so perché, mi piace vederlo rilassato com’è quando ci baciamo. O meglio, lo so perché. Non è quasi mai rilassato come quando ci baciamo. E smette subito di esserlo quando passiamo avanti, cazzo. Io questa cosa non la tollero. Dovrebbe essere… un momento piacevole, Cristo. Per me lo è.
Quando infilo le mani sotto la sua maglia lo faccio per un’intuizione improvvisa che non ha davvero un senso. Non ne sono nemmeno pienamente cosciente. Fler trema d’agitazione e stupore sotto le mie dita, lo sento scostarsi con un certo fastidio e lo tengo stretto per un fianco, tirandomelo contro.
- Stai tranquillo. – gli sussurro sulle labbra, prima di riprendere a baciarlo.
Lui si scosta con un mugolio.
- Chakuza… - comincia incerto. Sospetto non sappia nemmeno cosa vuole dirmi, perciò mi scosto e gli lascio il tempo di dimostrarmelo. Lui mi guarda e si morde un labbro, ed ovviamente non dice niente. Mi risparmio un sorriso furbo, lo bacio e basta. Come al solito, non ho la più pallida idea di cosa sto facendo, però evito anche di chiedermelo quando afferro la maglia per gli orli e tiro verso l’alto per togliermela di torno.
Non so, credo sia cambiato qualcosa la volta in cui è effettivamente rimasto a dormirci, in questo letto. Non mi dà veramente fastidio che lo faccia, ecco. Non sono abbastanza rilassato da pensarci con calma e cercare di capire cosa questo significhi, però è così. Non mi dà fastidio, la presenza di Fler. Non mi dà fastidio sentirmelo vicino o sentire la sua pelle sotto i polpastrelli. Non mi dà fastidio toccarlo – mi piace farlo.
È caldissimo e me lo stringo addosso. Riesco a sentire il calore anche attraverso la felpa. Percepisco subito che c’è qualcosa di diverso nel modo in cui si muove e respira, lo percepisco ma non capisco cos’è almeno fino a quando non lo vedo sistemarsi a disagio sul materasso. La consapevolezza della sua eccitazione mi colpisce, mi stordisce e per certi versi mi esalta anche. Non ho fatto niente – l’ho solo baciato ed accarezzato un po’ – e lui è qui, occhi chiusi e respiro pesante – che mi si abbandona addosso con aria persa e chiede di più senza neanche un fiato.
Lo lascio un po’ andare e lui afferra la mia felpa con entrambe le mani, strattonandola rudemente. Ridacchio e lui mi lancia un’occhiataccia offesa.
- Che fai, sfotti? – ha il coraggio di chiedermi, ed io rispondo annuendo lievemente.
- Non sei nella posizione di impedirmelo, comunque. – aggiungo facendomi avanti e tappandogli la bocca mentre avanzo sul materasso, costringendolo fisicamente a distendersi.
Lui obbedisce e non oppone resistenza, ma striscia indietro sul materasso fino ai cuscini, di modo che io devo andare inseguendolo ed alle fine sono costretto a tirarlo giù di peso e schiacciarmi addosso a lui.
- Allora, stai un po’ fermo? – borbotto sfiorandogli il collo con le labbra. Lui rabbrividisce e forza un sorriso incerto.
- Non scappo mica. – butta lì con aria navigata, ma suona più come la promessa di un bambino coraggioso che come altro, ed infatti io rido e ricomincio a baciarlo perché così almeno gli evito altre figure ridicole di questo tipo.
Fler protesta per il tempo di un mezzo borbottio che si smorza subito sulla mia lingua e sulla sua che si incontrano sempre meno incerte e sempre più consapevoli di cosa vanno ad accarezzare e di come lo fanno. Perdo il controllo del mio corpo, so solo che voglio sentire più calore e che Fler mi si sta strusciando contro una gamba da almeno un minuto, perciò è lì che vado, lascio scivolare la mano lungo il suo petto stupendomi di non trovare fastidiose le forme piatte e dure del suo profilo maschile e vado a spingermi oltre l’orlo del jeans.
È un po’ davvero come toccare me stesso, queste forme qui le conosco alla perfezione, sono quelle tipiche di tutti i maschi. Non fosse per il respiro forte di Fler nel mio orecchio, il suo calore sul mio corpo e le sue mani strette con forza sulle spalle, potrei perfino dimenticare di stare toccando qualcun altro.
Però il respiro il calore e le mani sono lì, quindi non dimentico.
- Non ci posso credere che lo stai facendo… - ansima Fler ad un centimetro dalle mie labbra. Io sono un po’ imbarazzato e non so bene che rispondere, perciò butto lì un “sono un uomo pieno di sorprese” prima di tornare a baciarlo e troncare la conversazione – almeno fino al prossimo commento.
Commento che arriva qualche secondo dopo quando – dal momento che io palesemente non so calcolare i tempi e sono troppo confuso per stare attento alle variazioni dei respiri di Fler – lui mi afferra il polso e mi stringe con una certa violenza.
- Chaku… - ansima disperatamente, - Ho capito, sei bravo. Basta così o… - non conclude la frase ma intuisco lo stesso dove vuole andare a parare e non so se dovrei sentirmi più imbarazzato o più orgoglioso. Decido che non mi frega e lo bacio, tirando via la mano mentre lui sbottona i jeans e li tira via con impazienza.
È la prima volta che lo fa.
La prima volta che si spoglia di sua iniziativa, intendo.
Resto a guardarlo finché non ha finito – il broncio concentrato con cui si libera dei vestiti inutili è di una tenerezza addirittura allarmante – e quando torna a guardarmi lo fa con un’espressione traducibile con un “fammi immediatamente dimenticare ciò che ho appena fatto o mi butto all’istante dalla finestra”, ed a me pare giusto concedergli almeno questo, perciò torno a baciarlo e mi sistemo fra le sue gambe, strusciandomi contro di lui.
Per certi versi non posso nemmeno crederci. Stiamo per scopare e lui lo vuole davvero – lo vuole perché sa che potrebbe piacergli, intendo, è una cosa stranissima, non è mai successo. Anche le altre volte lo voleva – lo sentivo distintamente nei morsi affamati che mi lasciava sulle labbra e nel modo imperioso con cui mi piantava le dita nelle spalle – ma sapeva già che ne avrebbe ricavato solo dolore. Stavolta è tutto diverso. È una cosa incredibile.
Mentre lascio che Fler mi sbottoni i jeans – ringrazio Dio che sia lui a farlo, io mi impiccherei da solo con la cintura, immagino – vago alla cieca sul comodino, trovo la maniglia del cassetto, lo spalanco e ci ficco dentro una mano. Fler nemmeno se ne accorge, preso com’è dalle sue attività, comincia a capire qualcosa solo quando la mia mano piena di roba si posa proprio accanto alla sua spalla, sul cuscino, rilasciando il proprio carico. Cioè tre o quattro preservativi in più di quanti ne serviranno ed un tubetto di lubrificante.
Pagherei non so quanto perché i prossimi minuti di questa sera fossero evitabili, ma ovviamente non lo sono. Fler si interrompe, guarda la roba e poi guarda me, spalancando gli occhi che mi scrutano come due fanali nell’oscurità.
- Ti sei attrezzato? – mi chiede a mezza voce, ed io mi abbatto accanto a lui con un sospiro stremato, sgonfiandomi di botto.
- Fleeeer… - lo chiamo, strascicando il suo nome, e lui mi dà uno schiaffo sulla nuca.
- Piantala di chiamarmi così, è imbarazzante. – mi rimprovera, spingendo in alto il bacino per costringermi a riprendermi. Ci riesce più che bene, stupida meccanica del corpo umano.
- Potresti… non chiedermi spiegazioni? – imploro disperatamente, lasciandogli un bacio leggero sulle labbra come a chiedergli di stare zitto. Lui risponde sporgendosi appena, ma non coglie la preghiera.
- Ma non chiedevo spiegazioni… - motiva incerto, - ti prendevo in giro…
- Sì, il che è anche peggio. – borbotto con grande disapprovazione, facendo saltare il tappo del tubetto di lubrificante e spargendomene un po’ sulle dita, - Non solo uno cerca di essere gentile…
- …Chaku, che stai facendo? – chiede Fler allarmato, del tutto sordo alle mie lamentele.
Speravo di distrarlo. Speravo di distrarre anche me stesso, ma evidentemente non è possibile, dovrò prendere atto di ogni secondo di questa nottata, lo so. Non voglio, ma succederà. È una fottuta trappola.
- Fler, ti prego. – grugnisco impaziente, - Ti sollevi un po’?
Lui obbedisce senza chiedermi perché ed io non ho la prontezza di spirito di scostarmi prima che lui mi tocchi. Il risultato è che vado nel pallone per un tempo indefinibile ed alla fine è lui che deve risvegliarmi borbottando che gli fa male la schiena e quindi, se intendo fare qualcosa, sarebbe il caso la facessi subito. Annuisco distrattamente e lo reggo per la vita di modo che non debba fare tutto da solo mentre con la mano ricoperta – mi sa eccessivamente, ma insomma, abbondare è meglio che difettare – di lubrificante scendo fra le sue natiche e cerco di prepararlo in modi che posso solo immaginare, perché non te le spiega nessuno queste cose, cazzo.
Fler sussulta, sbalordito, e cerca di allontanarsi.
- Chaku, - ripete ansimando, - cosa stai facendo?
- …devi proprio chiedermelo? – sbotto fra il rassegnato e il disperato, continuando ad accarezzarlo mentre lui continua a rabbrividire ed io non capisco se sia perché gli piace o perché lo trova strano. O perché gli piace e lo trova strano, che è anche un’opzione. – Sto cercando di semplificare le cose. – rispondo comunque, messo alle corde dalla sua occhiata confusa.
Lui annuisce e nasconde un po’ il viso, prendendo a respirare forte e tornando a rilassarsi sul materasso. Io lo accarezzo ancora per qualche secondo, prima di decidere che è il momento giusto per suicidarmi e spingere la punta di un dito dentro di lui.
Mi manca poco per esplodere, me lo sento. Sono eccitato e terrorizzato e imbarazzato oltre ogni dire, Fler continua a sussultare ed io continuo a non capire perché lo faccia e sto facendo una cosa incredibilmente opinabile, per quanto io stesso mi renda conto dell’assurdo di un commento simile, visto che la mia vita nelle ultime settimane è stata costellata di episodi opinabili e questo non è neanche il peggiore.
Mi spingo un po’ contro di lui sperando che la cosa lo aiuti – in realtà aiuta anche me, devo dire, smetto di pensare appena collidiamo – e lui apprezza al punto che schiude le labbra e se le inumidisce con la punta della lingua. Mi trattengo a stento dal baciarlo ancora, alla fine decido che non c’è niente che mi impedisca di farlo, perciò lo faccio ed approfitto del momento di distrazione per intrufolare anche il secondo dito. Devo fare spazio, Cristo…
- …sei stretto. – mi sfugge che ho ancora le labbra pressate sulle sue, neanche mi rendo conto di dirlo. Fler fa come sempre quando si imbarazza, si agita e cerca di scostarsi per voltarsi dall’altro lato e fingere che nulla di tutto ciò che lo manda in confusione stia avvenendo, ma col cavolo che glielo lascio fare nella situazione contingente, perciò lo tengo fermo e lo bacio ancora. – Calmati. Ti prego. È un casino se ti agiti.
- E tu smettila di dire… cose. – sbotta lui, a metà fra l’arrabbiato e il confuso, stringendo fortissimo le dita sulla mia nuca e spingendosi in avanti mentre le mie dita continuano a scavarsi un posto dentro il suo corpo.
- Scusa. – cerco di metterci una pezza, imbarazzato quanto lui ma probabilmente un po’ meno isterico. Solo un po’, - Mi sembrava una cosa… cioè, è vero.
- Sì, d’accordo. – taglia corto lui, stringendomisi addosso, - D’accordo. – si prende un secondo per respirare, ed io sono ancora lì che mi muovo e lui è ancora lì che ansima quando lo sento esalare un “è… piacevole” che mi fa suonare i campanelli in testa.
È così che dev’essere. È così che voglio che sia. Me ne frego se è assurdo.
Le mie dita scivolano fuori dal suo corpo e lui sbuffa qualcosa che non capisco. Cerco di ignorare quel pezzetto di “no” che mi è sembrato di cogliere fra i sospiri e lo aiuto a rotolare sullo stomaco – lui non oppone la minima resistenza ed io non so se sentirmi felice o preoccupato a riguardo, visto che Fler non oppone mai la minima resistenza – spingendomi subito contro di lui perché ho davvero bisogno di sentirmi… come mi sento quando gli sto dentro. Che è una cosa difficile da spiegare perché non è mai completamente piacevole, perché tutto questo è sempre troppo strano per essere completamente piacevole.
Però è caldo. È umido. Mi si sfrega addosso così bene che perdo il senso del limite e mi riprendo all’improvviso nei brevi momenti in cui Fler mi costringe a spingere più lentamente stringendosi attorno a me come una tenaglia per impormi un ritmo più quieto, mi riprendo e mi ritrovo ad ansimare senza controllo, mi accorgo per caso che lo sto mordendo o baciando costringendolo a torcere il collo in modi assurdi, ed ecco che mi si stringe addosso, ecco che torno in me, spingo più lentamente ed ecco anche che mi accorgo che lo sto ancora accarezzando per tutta la sua lunghezza, seguendo il ritmo delle mie spinte. E lui si tiene coi gomiti sul materasso, un po’ sollevato, per venirmi incontro più comodamente.
C’è una naturalezza, in quello che stiamo facendo, che mi coglie del tutto impreparato. Come fosse completamente ovvio. Ed invece non lo è. So che non è ovvio che noi due ci si ritrovi in situazioni simili ogni sera. So che non è normale.
Cristo, so che non è nemmeno giusto.
E non moralmente. Non perché siamo uomini e non perché siamo rapper.
…solo perché Fler nella mia testa non c’è.
Non in questo modo. Non… non abbastanza.
I suoi muscoli si rilassano ed io cerco di ritrovare il ritmo che mi toglieva il fiato qualche minuto fa, ci metto un po’ di fatica perché ci sono dei pensieri che non mi piacciono e che continuano ad affollarmi il cervello – o forse il problema è proprio che quei pensieri mi piacciono, Cristo, il problema è quello, dannazione, che a me Bill piace – cerco di distrarmi, poi cerco di concentrarmi, non ci riesco e la cosa mi frustra, ma Fler si solleva ancora un po’ ed inarca la schiena e mormora “più forte” ed io non ci vedo più. Giuro. Non ci vedo più.
Lo stringo per i fianchi e mi muovo veloce dietro di lui, ritrovo il ritmo e quando lo sento ansimare a voce più alta capisco di aver toccato un punto importante, e noto che lui non si sta toccando nemmeno per sbaglio, e per certi versi mi sento in colpa, per altri mi dico “Cristo, Fler, perché resti immobile?” e il perché non lo capisco, però allungo di nuovo la mano e ricomincio ad accarezzarlo, con una semplicità disarmante. Fler sussulta e mi si spinge contro con più sollecitudine. Ho una mano che lo stringe alla vita così forte che sono sicuro rimarrà il segno. Ne sono sicuro.
- Cha- - mi sento chiamare in un’implorazione mozzata, una mano di Fler corre a stringermi il polso nel tentativo di fermarmi, ma io sono più forte ed anche più lucido, in questo momento – fra due secondi non lo sarò più, cazzo, fra due secondi esplodo, cazzo – perciò lo scosto facilmente e lo accarezzo ancora, una volta, due volte, con più convinzione, e Fler viene sul materasso e, anche se non è la prima volta che succede, è come lo fosse. Perché non riesce a trattenere i gemiti. Ed il “Cristo” affannato che gli sfugge dalle labbra è abbastanza per mandarmi in tilt e costringermi a svuotarmi contro il preservativo, dentro di lui.
Mi lascio ricadere su un fianco e poi di schiena sul materasso, Fler resta sollevato e incerto perché il lenzuolo sotto di lui è sporco. Giustamente. Dovrei cambiarlo ma lo farò solo quando sarò sicuro di potermi alzare da questo letto senza farmi venire un infarto.
Si raggomitola in un angolo un po’ distante e, mentre mi copro con il lenzuolo ed il piumone, non posso che essergliene grato. C’è sempre questo momento stranissimo, quando finiamo di scopare, in cui non importa per quanto a lungo e quanto intensamente possiamo essere stati vicini, abbiamo bisogno di un po’ di tempo per tornare tranquilli e quindi ci serve la distanza. La distanza è una buona cosa, quando gli esseri umani non la usano per farsi del male. O per dimenticarsi a vicenda.
Fler mi guarda e poi si allunga a recuperare i jeans ai piedi del letto.
- Avrebbe dovuto essere così anche la prima volta. – dice seccamente, infilandoseli distratto, - Sarebbe andato tutto meglio.
- Cioè mi saresti caduto fra le braccia il giorno stesso invece di farmi ammattire per settimane? – faccio ironia io. Fuori luogo, magari, okay. Comunque quest’occhiataccia tremenda non me la merito, e deglutisco a fatica mentre cerco di reggerla.
- Non fare lo stronzo, Chakuza, stai giocando col fuoco. – mi avverte glaciale, rimettendosi in piedi, - Se io fossi solo un po’ meno coglione di quanto sono, la mia faccia non l’avresti più rivista. Figurarsi il mio culo.
Stringo le dita attorno alla coperta, ansioso.
- Perché cazzo ti sei voltato così male, adesso? – protesto lamentandomi un po’, - Siamo stati bene fino ad ora…
Ghigna ed afferra la coperta che ho posato sul letto prima che la situazione degenerasse. La prima volta. Ora sta degenerando per la seconda volta, e comunque la prima degenerazione m’era piaciuta di più.
- Tu non ascolti mai niente di quello che ti si dice, vero? – ride, sistemandosi la coperta sulla spalla e trattenendone un lembo fra le dita come fosse una giacca, - Tu, quando ti perdi in quel casino che hai al posto del cervello, smetti di ascoltare. L’ho capito.
- Questo discorso ha un senso o ti diverti solo a tirarmi scemo, Fler? – sbotto alla fine, sistemandomi per dormire come se fossi già stufo di sentirlo blaterare. In effetti lo sono.
Lui prende un respiro enorme e mi guarda dritto negli occhi, prima di continuare.
- Non sei stato il fottuto primo, a prendermi in quel modo. – ed io sento qualcosa dentro di me che scompare. Non esplode e non muore ma io lo perdo lo stesso. – Se sono tanto coglione da tornare, Chakuza, fai almeno in modo che ne valga la pena. Perché io non sono ripassato di nuovo attraverso lo stesso calvario per trovarmi davanti uno stronzo, chiaro?
Mi metto seduto in un movimento repentino, un attimo prima di osservarlo voltarsi e muoversi verso la porta.
- Fler? – lo chiamo. Lui si volta appena. – Cristo, Fler… - non so cos’altro dire.
- Guarda che non devi scusarti. – scuote il capo, - Vado a dormire. Dormi anche tu.
Vorrei dirgli che la sua è una richiesta inesaudibile. Non dico una parola e lascio che si chiuda la porta alle spalle. Come sempre.

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