By his side

di tabata
Se vi ricordate, io in questa storia non volevo entrarci. Anzi, a voler essere precisi, non volevo entrarci io e, soprattutto, non volevo che ci entrasse mio fratello che è forte, testardo e dotato di una grande forza di volontà – come dicono le biografie non autorizzate sui forum di mezzo mondo – ma che ha anche dei limiti. La morte dell'uomo che amava, per dire, era uno.
Il problema di Bill è proprio la sua sensibilità che, per quanto lo faccia sembrare carino, è ben lontana dall'essere un bene per lui. Se fosse stato anche solo un po' più stronzo di com'è, si sarebbe risparmiato un sacco di rogne. Per esempio, forse avrebbe avuto il coraggio di mandare Bushido a fanculo quand'è tornato da Miami; non sarebbe stata la cosa più giusta da fare, forse – quell'uomo aveva perso tutto per lui, si meritava un po' di pietà – ma gli avrebbe impedito di fare altri casini o almeno ne avrebbe fatti di meno. Non lo so. Se fosse stato un po' meno sensibile, lasciare Chakuza non lo avrebbe fatto precipitare nello sconforto in cui poi invece si è trovato. Prendete me, per esempio. Io quando lascio una ragazza per un'altra non ne faccio un caso di stato perché, quasi sicuramente, non è che ci tenessi molto ad un noi qualsiasi che poteva esserci prima e ora non c'è più. Siamo stati insieme, tanti saluti e grazie. Ma io non sono Bill. Io non scopo solo per amore. Io scopo per scopare, che è sostanzialmente diverso e ci riporta alla questione in oggetto.
Bill si è ritrovato in una di quelle situazioni in cui la gente come Bill non si dovrebbe mai trovare, per nessuna ragione al mondo. Dovrebbe essere una sorta di legge universale.
Seguitemi. Bill un giorno ha visto Bushido e se n'è innamorato. E non una cottarella da spiaggia – che poi neanche c'è il mare in Germania – l'amore della sua vita, proprio: annuncio pubblico, sentore di convivenza e direi profumo di fiori d'arancio e figli se questo fosse possibile, ma mi fermerò qui per decenza.
Insomma, Bushido era quello giusto. Io non ero tanto d'accordo, come del resto sapete, ma quello che penso io conta poco quando il cuoricino di mio fratello si mette in moto, quindi...
Quindi si amano – per altro molto rumorosamente – per ben tre anni. Poi arriva un libanese del cazzo e glielo ammazza per una questione d'onore o qualche altra cazzata del ghetto che non capisco e non capirò mai. Mio fratello ne esce devastato. E non esagero quando dico che abbiamo avuto tutti quanti paura che si lasciasse andare, decidendo che non valeva più la pena di vivere in un mondo privo del suo tunisino.
Lo abbiamo tenuto d'occhio peggio di un pazzo psicotico in manicomio, roba folle. E questo vi dice molto sulla capacità di osservazione mia, della mia famiglia e degli amici miei e di Bill, se pensate che nessuno di noi si è accorto che Bill usciva con Chakuza, ma lasciamo perdere.
Poi, appunto, Bill si rende conto che lui e l'austriaco non sono più soltanto amici e s'innamora... di nuovo. Ed essendo che mio fratello è eccessivo in ogni cosa e non fa mai un accidente che sia uno con misura, s'innamora peso di Peter Pangerl, il rapper col nome da supereroe, e decide che è il nuovo amore della sua vita, in assenza più che giustificata del primo.
Dal momento che mio fratello crede che io non accetti a prescindere nessuna delle sue relazioni omosessuali, io, come al solito, non c'ero mentre lui e Chakuza consumavano questa relazione – anche ampiamente, immagino, visto che so quanto può essere impegnativo mio fratello e mi sono arrivate certe voci di corridoio sulla malattia piuttosto grave che affligge Chakuza – ma posso intuire con quanta forza e quanto impegno Bill si sia gettato tra le braccia di quest'uomo alto la metà di lui perché, anche se mio fratello non mi dice le cose, io comunque lo conosco e lo so com'è quando è innamorato. Principalmente una piaga, d'accordo, ma è anche incondizionatamente dedito alla persona che ha scelto.
Nel suo caso l'amore è una cosa totalizzante. Non vede, non sente, non respira altro. E' una malattia invalidante. Quindi la posso immaginare la serietà con la quale si è messo insieme a Chakuza, anche se quando lo ha fatto ha pensato bene di tenerselo per sé e di scappare a casa del suo uomo rifilandomi una scusa dietro l'altra.
Ad ogni modo, le cose sarebbero anche potute andare bene così. In fondo Bill ha vent'anni, non poteva certo passare il resto della sua vita vestito a lutto sulla tomba di un uomo che, per altro, aveva undici anni più di lui già in partenza e prima o poi lo avrebbe comunque lasciato da solo a piangere la sua morte. Quindi andava bene. Io prima o poi avrei scoperto che mio fratello si scopava un altro rapper, avrei probabilmente avuto un'altra crisi isterica da paura ma l'avrei superata. In qualche modo ci saremmo rifatti tutti quanti una vita e la grande ruota cosmica della nostra esistenza avrebbe ripreso a girare per il verso giusto, quale che fosse. E invece no, col cazzo.
Il tunisino è tornato dal regno dei morti e la nostra bella ruota cosmica l'ha presa direttamente a calci, l'ha staccata dall'albero motore e ci ha mandato tutti quanti a culo all'aria. Non ha avuto nemmeno la decenza di tornare in stato di putrefazione avanzata, dopo un anno. No, è tornato abbronzato e col capello lungo e lucido, che dalle parti di mio fratello c'è stata un'impennata ormonale che nemmeno ai tempi d'oro della sua pubertà. Ora, sorvolando su quello che Bill non ha detto a Bushido appena lo ha rivisto e quello che ha fatto – e no, non prenderò posizione. Non voglio prenderla, non lo farò – c'è da dire che mio fratello si è comunque ritrovato scomodamente a stare in mezzo a due uomini che amava con la stessa intensità, tipica dei sensibili come lui. Ora, una persona come me, in una situazione del genere, può cavarsela bene o di striscio, dipende dalla faccia tosta che ha, ma trovarsi nei casini? No, mai. Nel senso che se io mi ritrovassi con due donne che mi amano e che sanno l'una dell'altra e magari si menano pure tra di loro per avermi... sarei estremamente contento. No, non è questo il punto. Il punto è che se mi trovassi in una situazione del genere sarebbe perché ho fatto il coglione e mi ci sono ficcato da solo, tipo che stavo con entrambe contemporaneamente o cose simili. Insomma come ci sono entrato, ne uscirei pure. Non avrei probabilmente nessun problema morale a sceglierne una o a piantarle tutte e due. Cose così. Ma Bill non ha fatto niente del genere. D'accordo, forse non è stato del tutto sincero e ha sbagliato le tempistiche in due o tre casi, ma non si è tirato addosso da solo questo casino. Non l'ha ammazzato lui Bushido e di certo non l'ha fatto resuscitare. Se avesse saputo che quell'uomo era vivo da qualche parte nel mondo, sarebbe rimasto in virginale attesa che gli prendesse la fregola e tornasse da lui o, molto più probabilmente, avrebbe rotto i coglioni a tutti quanti perché gli dicessero dov'era e potesse così partire, riducendo la virginale attesa di cui sopra al minor tempo possibile. Ma era morto, Cristo Santo. Se si è guardato intorno, non lo si può biasimare. Si potrebbe forse fargli qualche appunto sul fatto che ha messo il cuore in mano al nano malefico, fra tutti gli uomini che popolano il mondo – per dire, c'era Fler, due passi più avanti. Non sarebbe stato meglio darlo a lui il suo cuoricino da Principessa? Io per dire, avrei benedetto quest'unione nata direttamente in paradiso. Tanto per cominciare, Fler è l'erede naturale di Bushido. Un buon motivo perché fosse lui a prendersi cura della cosa più preziosa che quell'uomo aveva. Secondo motivo, da quando Bushido è morto, mio fratello si è attaccato a Fler come una cozza. Una cosa veramente indecente. C'erano pomeriggi in cui passavo a casa sua e trovavo quest'uomo – Fler – spalmato sul divano e mio fratello spalmato addosso a lui come fosse normale farsi trovare dal proprio gemello in atteggiamenti intimi al limite dell'erotismo con quello che si suppone sia solo un tuo amico. Che poi io lo so che, in questi casi, il sesso è l'ultimo dei pensieri di mio fratello e che è solo molto fisico con le persone a cui vuole bene – io ne sono l'esempio principale, per dire, ma ce ne sono tanti altri: Andi, Georg, Gustav, non ce ne uno che non abbia sofferto e ancora non soffra del monopolio che Bill è capace di prendersi sulla tua vita quando è in vena di coccole. Quindi, insomma, sono perfettamente consapevole che, se entravo in casa di Bill e lo trovavo drappeggiato addosso a Fler con il viso nascosto nel suo collo, non aveva affatto intenzione di farci alcunché, ma il primo impatto, quando ti ritrovi davanti una scena così, è sempre un po' forte. Fler però – e questo gli va riconosciuto, d'altronde io l'ho sempre detto che è un grande - non è mai scattato in piedi, gettando Bill dall'altra parte della stanza, millantando la propria innocenza e le proprie buone intenzioni. Niente. Neanche un fremito. Mi salutava con un cenno della testa e le sue mani rimanevano lì dov'erano, ben piantate sulla schiena di mio fratello, a qualche non riprovevole centimetro dal suo culo. Che poi vuol dire, in soldoni, che il culo non glielo toccava e quindi io non avevo un vero motivo per fare il fratello maggiore e protettivo che si preoccupa per l'onore del fratellino. Che poi, anche lì, se il fratellino decide di dar via... l'onore, non è che io abbia davvero i mezzi per fermarlo. Mi pare che Bill ve ne abbia dato ampiamente prova.
Comunque mi sono perso. Dicevo, l'unico appunto che posso fare a Bill è di aver scelto Chakuza, ma d'altronde se tutto il buon gusto che Madre Natura gli ha donato si limita all'inutile capacità di saper scegliere
tra un paio di stivali Jimmy Choo da 795 euro e uno da 950 euro apparentemente identici fra loro, non è colpa né mia né sua, insomma. A torto o a ragione, mio fratello in questo casino c'è finito e non gli riesce per niente di tirarsene fuori. Prendete, ad esempio, quando ha deciso di andare a vivere con Bushido. Io lo so perché quell'uomo gli ha chiesto una cosa simile – perché è furbo e conosce Bill, principalmente – e so perché Bill ha risposto di sì. Non ha seriamente pensato a ciò che sarebbe successo una volta aperta la boccuccia di rosa e dato a Chakuza il ben servito. Lui non ha pensato proprio. In generale nella vita.
A me questa cosa succede con lui, del tipo che se per qualche motivo non lo vedo per tantissimo tempo – se va in vacanza quindici giorni con Fler, per dire, che è una cosa illogica e io la disapprovo tantissimo – e quando torna mi chiede una cosa assurda, tipo di andare a fare shopping o magari, peggio, che lo accompagni a farsi i capelli, la ceretta, i massaggi tailandesi o qualsiasi altra follia abbia letto su qualche giornale da donna che non dovrebbe leggere, qualsiasi cosa sia, io gli dico di sì. E non penso a cosa significhi in pratica ciò a cui ho acconsentito. Per questo poi mi ritrovo in centri estetici ai limiti della follia, con massaggiatori rumeni alti due metri che mi snodano la spina dorsale vertebra per vertebra, sordi alle mie richieste di pietà mentre mio fratello, nell'altra stanza, viene ricoperto di fango e si diverte pure.
Alle conseguenze non ci penso mai perché, quando Bill mi chiede queste cose, io ho passato quindici giorni senza vederlo e anche arruolarci nella legione straniera mi andrebbe bene, pur di passare un po' di tempo insieme a lui. E per Bill è stato lo stesso. Non vedeva il tunisino da un anno, credeva che non lo avrebbe più rivisto, e quello non solo torna, non solo lo ama ancora come se si fossero visti fino al giorno prima, ma gli chiede pure di andare a vivere insieme che era, tipo, il coronamento del sogno d'amore di mio fratello che è sostanzialmente una Barbie nelle mani di una bambina di cinque anni: il re e la principessa che mettono su un castello circondato da rose rampicanti e animali della foresta, nel quale copulare felici e dare ordini agli uomini del re, ecco, una roba simile. E' ovvio e matematico che Bill gli abbia detto di sì. E non sto dicendo che Bill lo abbia fatto solo per questo, voglio dire, lo so che ama profondamente Bushido, ma se non avesse il cervello che ha – cioè un cervello selettivo in grado di innamorarsi perdutamente di un'idea ignorandone totalmente le conseguenze – non avrebbe detto sì e immediatamente dopo “Addio Chaku”, senza pensare che sarebbe stata dura convivere con Bushido dopo che, molto prevedibilmente, Chakuza lo avrebbe anche un po' mandato a cagare. Capite cosa intendo?
Ed è andata esattamente così. Io non c'ero ma lo so perché in un mondo assurdo in cui io sono gay, amo Bushido come non ho amato mai nessuno in vita mia e lui torna dalla morte dopo un anno, farei la stessa identica cosa. Ma ora vorrei che tutti noi ci dimenticassimo di quest'immagine raccapricciante che ho appena evocato e tornassimo immediatamente a parlare di mio fratello.
Nelle ultime settimane, dunque, Bill è tornato al castello e ha dormito nel letto del re. Devo ammettere che ero ancora discretamente infastidito dal fatto che non mi avesse parlato di Chakuza per non punirlo leggermente e dedicargli solo la metà dell'attenzione di cui aveva bisogno. Per questo quello che è successo, vengo a saperlo solo adesso che mi piomba in casa senza avvisarmi e mi trova, per altro, anche nel bel mezzo del primo vero tentativo di organizzare con Cassandra un'uscita seria, che non comprenda soltanto una pizza da me e poi letto fino al mattino dopo. Ho appena finito di parlare al telefono con il proprietario del ristorante che ho affittato intero per sabato prossimo quando la porta di casa mia si apre e spuntano le lunghe trecce di mio fratello.
“Il fatto che tu abbia le chiavi di questo posto,” dico posando il telefono e osservandolo mentre entra come fosse casa sua e chiude la porta, “non ti autorizza ad entrarci senza permesso. Non abiti più qui, ti ricordi?”
“Scusa,” mormora e mi alza addosso gli occhiali scuri di Prada. Le scuse insieme agli occhiali di marca significano grossi guai in vista. E se ancora avessi dei dubbi a riguardo, c'è anche l'enorme borsa nera di Gucci che è vecchia e dell'anno scorso, ma capiente abbastanza per infilarci dentro un cambio per passare la notte fuori. Visto che ormai è fuori moda, Bill la usa soltanto in caso di fuga di emergenza.
“Che cos'è successo?” Chiedo. “Non eri in luna di miele con sua maestà?”
E sono estremamente fuori luogo, me ne rendo conto subito quando non mi manda a quel paese e – cosa ancora più tremenda – non piange nemmeno. Rimane in silenzio e si rannicchia sul divano. Ok, è stata un'uscita infelice alla luce degli ultimi fatti, ma capitemi: io in quel momento penso che i due abbiano ripreso a litigare come litigavano prima, cioè per delle cazzate, non che Bill si sia confuso su chi se lo stesse facendo. Io che potevo saperne? Generalmente succedeva che Bill desse di matto per un'idiozia qualunque e la pazienza di Bushido raggiungesse il limite. I due si urlavano addosso cose improponibili e quindi Bill se ne andava sbattendo la porta e giurando che non sarebbe mai più tornato da quell'uomo abbietto che non se lo meritava. A quel punto si trascinava da me e mi ripeteva tutto quello che era successo, parlandomi di Bushido in modi tremendi. Io finivo per dargli ragione e allora lui si metteva a difenderlo, concludendo che in realtà, in effetti, era inutile litigare per delle sciocchezze. A quel punto prendeva armi e bagagli e se ne tornava a casa del re dove, con ogni probabilità, ogni cosa veniva presto dimenticata in modo sui quali tutti noi sorvoleremo. Ed è questo che mi aspetto adesso, che si sieda, mi chieda di bere qualcosa di altamente calorico del quale poi si lamenterà e che inizi ad insultare il tunisino. Invece niente.
Mi trovo un po' spiazzato. Di solito mio fratello parla anche più del legalmente consentito, non sono abituato a vederlo zitto. Anche quando l'hanno operato alle corde vocali si è fatto dare una lavagnetta per poterci affliggere tutti con la sua logorrea. Così mi siedo accanto a lui, indeciso sul da farsi. “Non parli, quindi dev'essere una cosa seria,” provo ad andare per logica.
“Tomi,” mormora, “Ho fatto una cazzata enorme.”
L'ultima volta che mi ha detto questa frase, Bushido era appena tornato da Miami, anche se in quel momento io pensavo che la cazzata enorme fosse che Bill aveva scopato con lui senza farsi dare nessuna spiegazione. Non che avesse scopato con lui senza farsi dare nessuna spiegazione mentre stava con Chakuza. Quindi un po' mi preoccupo se me la ripete su questo divano, mentre fa di tutto per non incontrare il mio sguardo.
“Scommetto che non è niente di irreparabile,” dico con un mezzo sorriso incoraggiante. In realtà sto mentendo, perché quello che penso è che quasi tutto quello che mio fratello fa è irreparabile, in tutti i modi in cui questo aggettivo può essere interpretato. Prendete, ad esempio, quello che ha fatto a Bushido e Chakuza. Non li ha fatti soltanto innamorare di lui, quei due per lui ci hanno perso la testa. Un danno irreparabile, appunto. Quindi se adesso lui è qui, non parla e dovrò evidentemente cavargli di bocca quello che è successo parola per parola, allora sì è un danno irreparabile.
“Questa volta davvero,” insiste.
Così sospiro e gli sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “D'accordo. Allora spiegami cos'è successo. Hai litigato con Bushido?”
Vedo che serra le labbra e poi deglutisce prima di fissare lo sguardo sul mio bel pavimento di mattonelle di marmo bianco. “E' finita,” dice.
Ora, se avessi tenuto sul serio il conto di tutte le volte che ha detto che con Bushido era finita, a questo punto avremmo sicuramente superato i numeri a cinque cifre, quindi prendo l'informazione con le pinze. “E perché sarebbe finita?”
“E' finita, Tomi,” scatta lui. “Non sarebbe.”
“D'accordo, ma perché?”
“Ho detto il suo nome.”
Per qualche vergognoso istante l'unica cosa alla quale penso è che deve essermi senz'altro sfuggita la postilla al primo comandamento: Non nominerai il nome di Dio invano. E nemmeno quello di Bushido. Fortunatamente mi fermo prima di aprire bocca e dirlo. “Che significa?”
“Quello di Peter,” specifica. “Io e Anis stavamo... sì insomma, e l'ho detto,” nasconde il viso nelle mani e mugugna anche qualcos'altro che non so decifrare perché sono troppo occupato a sedare il moto di empatia che provo nei confronti di quest'uomo che mentre era impegnato a dare il meglio di sé, ha sentito mio fratello dare il merito di tutti i suoi sforzi a qualcun altro. Non oso nemmeno immaginare la sensazione che si provi in casi simili. Questa è un'onta che io personalmente laverei col sangue.
“Tomi...” si lamenta mio fratello e poi si contorce tutto per finire a spaccarmi la milza nel tentativo di farsi avvolgere in un abbraccio. Lo accontento e lui mi infila il muso nel collo.
Non so nemmeno che cosa dirgli. “Ma come diavolo hai fatto?”
“Non l'ho fatto apposta!” Mi sbraita lui nell'orecchio. “Io non me ne sono neanche accorto!”
E li il quadro che si è dipinto da solo nella mia testa va peggiorando. Immagino Bushido che lo avverte di quello che ha detto e mio fratello che cade dal pero come se invece di gemere il nome del suo ex-ragazzo, avesse indicato fuori dalla finestra durante una giornata di sole e avesse detto: Guarda Bu, che bel cielo azzurro! Questo non è un errore irreparabile, è una catastrofe. C'è di che spezzare per sempre l'ego di un uomo.
“Hai provato a parlarci?” Chiedo, anche se non immagino cosa si possa dire in casi simili. Non c'è una giustificazione che io accetterei, per dire.
Ed evidentemente non ne esiste nemmeno una che Bushido accetterebbe, perché mio fratello mi risponde: “Non ha voluto. Ha solo detto che non era il caso che dormissi più a casa sua.” Le sue dita mi stringono la maglia e lo sento premere forte la fronte contro la mia pelle. E' talmente impegnato nel tentativo di non piangere che ha tutti i muscoli tesi.
“Forse ha solo bisogno di un po' di tempo per digerire la cosa.”
Lui scuote la testa. “Mi ha fatto fare le valige,” mormora.
Questa è la seconda volta che Bushido bandisce Bill da casa sua in meno di due mesi e forse questo dovrebbe dare sia a me che a lui un'idea della situazione. Solo che non vorrei essere io a dirgli che magari le cose sono cambiate e che quando cambiano troppo, a volte è anche inutile rompersi la testa per riportarle com'erano perché non si può. Mentre gli accarezzo piano la testa penso a come formulare questo concetto senza che sembri troppo pesante, ma è lui ad anticiparmi. “Ti è mai successo?” Mi chiede.
“Che cosa?”
“Che una ragazza dicesse il nome di qualcun altro.”
Scuoto la testa. Se fosse successo forse non sarei andato a letto con l'elevato numero di donne con cui sono andato. La mia autostima è una creatura estremamente sensibile.
“E tu? Hai mai confuso i nomi?”
“Sì,” ammetto. “Ma non li sapevo già in partenza, quindi non è la stessa cosa.”
Lui si scosta da me e mi osserva. Pianta quei due occhioni castani nei miei e mi osserva, neanche stesse cercando tutte le risposte che gli servono direttamente sulla mia corteccia cerebrale. “Credi che significhi davvero qualcosa?” Chiede poi. “Credi che ci sia un motivo perché ho gridato il nome di Peter?”
Ah, l'ha pure gridato, penso. Tra qualche minuto salterà fuori che ci ha fatto anche tutto un dialogo con il Chakuza immaginario che era a letto con lui. Se c'è un Dio, e immagino che ci sia perché situazioni di questa portata devono essere pilotate da qualcuno più in alto di noi comuni mortali, beh quel Dio sicuramente mi odia perché ad un certo punto ha deciso arbitrariamente che io non dovessi più essere il confidente primario di mio fratello – DNA del mio DNA – e me lo ha portato via per tre lunghi anni facendolo accoppiare ripetutamente con un uomo tunisino di dubbio gusto prima e con un uomo austriaco di ancora più dubbio gusto poi, ma quando il filo degli eventi si è incasinato a tal punto che mio fratello ha confuso gli uomini di dubbio gusto, allora il buon Dio me lo ha restituito e con un sorriso gioviale ha esclamato bonario: Ecco, Tom, risolvi pure la questione. Mai che una volta mi si desse la possibilità di impedire il problema prima che si presenti. Se, per dire, quando mio fratello ha ricevuto dal capomafia l'offerta che non poteva rifiutare di trasferirsi a casa sua, Bill fosse venuto da me a parlarne, forse io avrei cercato di capire se nella sua testolina tutta lacca e treccine ci fosse ancora Chakuza. E invece no, il buon Dio dal sorriso bonario ha pensato bene di lasciare che mio fratello decidesse tutto da solo finché, chiaramente, il disastro non si è compiuto e ora io ce l'ho qui sulle ginocchia a pretendere risposte impossibili.
“Tu credi che significhi qualcosa?” Gli chiedo.
Lui si stringe nelle spalle. “Anis mi ha chiesto se Peter mi manca,” dice poi dopo qualche istante, torturandosi le dita.
“E la risposta qual è?”
Bill resta in silenzio a lungo prima di dire qualcosa. Anche se il solo fatto che lo faccia è già una risposta sufficiente. Da quando ho scoperto che lui e Chakuza stavano insieme, ho cominciato a ricordare il modo in cui Bill guardava quell'uomo le poche volte che passavo a casa sua un momento e lo trovavo lì seduto sul divano con lui. Mi ero convinto che fossero sguardi un po' annoiati, forse perché io ero certo che uno come Chakuza non potesse rappresentare un'attrattiva per Bill in nessun caso. Poi sono entrato in possesso dei particolari che mi mancavano, tipo che forse un attimo prima che suonassi il dannato campanello di mio fratello quei due ci stavano limonando sul divano e allora le occhiate non erano affatto annoiate ma impazienti. Che io me ne andassi, naturalmente, non che se ne andasse lui. E sono occhiate che non hanno smesso neanche dopo il ritorno di Bushido, neanche quando evidentemente mio fratello non sapeva più da che parte girarsi. Ed è stato lì che è successo casino, non tanto perché gli uomini fossero due ma perché mio fratello non aveva i mezzi per sceglierne uno. Che fosse Bushido a mettergli le mani addosso, o fosse Chakuza che se lo riprendeva, lui ci perdeva la testa. E quando non hai neanche un momento per fermarti a pensare davvero a quello che ti sta succedendo e a quello che vuoi, poi finisci per fare danni. E mio fratello è andato a vivere da Bushido, per dire.
“Io non lo so, Tomi,” Bill si affloscia, come se un sacco vuoto. “Mi manca, sì. Forse amo ancora Chakuza.”
Io sollevo un sopracciglio perché questo è il più bell'eufemismo che mi sia mai capitato di sentire dalle sue labbra ricoperte di gloss. Alcun dei migliori sono stati: ogni tanto mangio delle caramelle gommose. Apprezzo Nena e il doppio A volte parlo un pochino troppo. Questo di Chakuza, però, li batte tutti.
Forse?” Chiedo.
Lui si morde un labbro. “Okay, lo amo ancora,” ammette lui.
“Perché lo hai mollato allora?”
“Perché amo anche Anis,” esclama lui e lo fa con una rassegnazione terrificante. Come se questo discorso nella sua testa fosse avvenuto così tante volte che lui non ne potesse più di sentirlo. E con ogni probabilità è così. E' un po' come dire: le cose stanno così, e allora? Non posso farci niente. In realtà Bill poteva fare una cosa sola: sceglierne uno. Il problema è che quando ha tentato di farlo, ha scelto quello sbagliato. Ora non è che io dica che Chakuza sia l'uomo della sua vita, ma era sicuramente la scelta da fare se poi, quando si è trovato tra le braccia di Bushido, Bill ha fatto il suo nome. Se la scelta fosse stata giusta fin dall'inizio, niente di tutto questo sarebbe successo. Almeno credo. In realtà è un bel casino stare qui a sentenziare su quello che gira nel cuore di mio fratello, anche perché io non ho un granché voglia di avere la responsabilità di indicargli l'uomo giusto. Meno che mai di indicargli Chakuza.
Alla fine, però, sospiro e dico esattamente quello che so di dover dire. Anzi, quello che avrei dovuto dirgli prima che si trasferisse da Bushido, se solo il Dio bonario di cui sopra non avesse pensato bene di fargli fare tutto di testa sua. “Devi capire che cosa cerchi e... lo so che non vuoi sentirtelo dire, ma è così!” Gli prendo le mani e lo costringo a smettere di guardare il mio salotto come se tra una mano di bianco e l'altra mi fossi preso la briga di metterci dentro la risposta che gli serve. “Bill non guardati intorno, dannazione” lo riprendo. “La risposta la sai. E' da qualche parte in quella testa,” gli batto con un dito sulla fronte.
Lui mi scosta la mano. “E piantala!”
“Dico sul serio.”
Alla fine decide di drappeggiarmisi addosso come una copertina di lana e io decido di lasciarlo fare perché ne so abbastanza di lui per sapere che le sue rotelline si sono messa a girare. Posso solo sperare che gli ingranaggi non si inchiodino, stavolta. Restiamo in silenzio per un tempo talmente lungo che rischio quasi di addormentarmi, che è la cosa più sbagliata in casi come questo. Soprattutto se si tratta di Bill, che non ha mai pietà se per caso mi addormento nel bel mezzo di una delle sue lunghissime pause riflessive da film cinese. Alla fine, quando ormai sto contando con intenso fervore quante mattonelle ha il mio pavimento, lui si muove appena e lo sento che mi appoggia il mento sulla spalla e guarda dietro di me.
“Mi dispiace non averti detto di Peter,” mormora.
“Perché non lo hai fatto?” E' una cosa che mi chiedo da quando sono venuto a saperlo. Per quale assurdo motivo Bill ha pensato che fosse sensato tenermi all'oscuro della sua seconda relazione importante, quando tenermi all'oscuro della prima aveva prodotto le conseguenze che tutti sappiamo. “Ti avrei capito, lo sai.”
“Non ne ero sicuro.”
“Come prego?” Me lo scosto di dosso e lo costringo a guardarmi negli occhi. “Cristo Bill! Ma che ti è preso, si può sapere? Prima di questo tuo enorme casino di uomini, l'unico uomo di cui ti fidavi veramente ero io! Te lo ricordi?”
“Tom, non è questo,” sospira ancora lui e poi si disincastra dal groviglio di arti che eravamo e sospira.
“E allora cos'è?” Come io sia passato dal discutere con lui su quale sia la soluzione più giusta da prendere, al discutere quello che è prevalentemente il mio problema personale con lui, io non lo so. So solo che questa cosa mi rode dentro da quattro lunghi anni e visto che non c'è mai verso di inchiodarlo in un angolo senza che spuntino fuori gangster a salvarlo da tutte le parti, ne approfitto ora che siamo entrati in argomento e tutti i suoi amici sono o incazzati con lui o lontani, molto lontani da qui.
“A te Anis non è mai andato a genio,” risponde, le gambe incrociate e i piedi pianta contro pianta.
“Direi che è un bel modo ottimistico di metterla,” commento con un'alzata di sopracciglia. “Ma non vedo che cosa c'entri.”
Lui mi guarda storto perché ovviamente l'ho interrotto e non potevo. “Dicevo,” riprende, “che a te Anis non era mai andato a genio, ma alla fine ti eri abituato. E sei stato meraviglioso con me quando... “ fa un sospiro enorme, come a cercarla in fondo allo stomaco l'aria che gli serve. “... quando è morto. Così quando io e Chakuza abbiamo iniziato a frequentarci, ho pensato che avresti pensato...”
“Che non doveva importarti poi molto del tuo tunisino se avevi trovato il rimpiazzo nemmeno tre mesi dopo,” concludo io per lui.
“Già,” sospira.
E ti pareva che, alla fine, nonostante tutto, io non avessi capito come funziona il cervello di mio fratello? D'altronde il mio è della stessa marca mica per niente. “Grazie della fiducia,” commento.
“Tomi lo sai che non è questione di fiducia!”
“Sì che lo è,” insisto. “Come ti è saltato in testa che non avrei capito come stavano le cose?”
Lui si stringe nelle spalle. “Non avevi capito Anis.”
“Perché ci eri già andato a letto quando me lo hai presentato, senza per altro che io sapessi neanche che eri gay,” puntualizzo.
“Io non sono-”
“Bill piantala,” lo ignoro. Stasera non posso oggettivamente risolvere il suo problema sentimentale con Bushido e Chakuza, il mio problema di fiducia con lui e anche il suo problema ad ammettere apertamente che è omosessuale. “Pensavo che al secondo giro, magari, ti sarebbe venuto in mente di parlarmi di Chakuza prima di infilarti nel suo letto.”
“Non è esattamente andata così.”
Alzo gli occhi al cielo. “Bill non m'importa com'è andata! Non importa se prima di portarti a letto, ti ha giurato eterno amore in ginocchio fra i petali di rose! Qualunque cosa abbia fatto quel nano da giardino per convincerti che era cosa buona e giusta darglielo, a me sarebbe piaciuto che mi dicessi che ti eri innamorato!”
Ecco, gliel'ho detto ed esattamente come l'ho sempre pensato, anche, cosa che mi fa passare per un gran deficiente. Tendenzialmente dovrei fregarmene di quello che fa mio fratello, perché è appunto mio fratello e non la mia giovane sorellina adolescente in balia di uomini concupiscenti che vogliono da lei cose di cui lei non si rende neanche lontanamente conto. Bill si rende conto eccome, l'ha passato il tempo dell'innocenza, se mai c'è stato. Sa perfettamente che ci sono uomini concupiscenti là fuori nel mondo che venderebbero le loro madri per mettere le mani su di lui. E lui non è da meno, per altro. Lui se li cerca o scuri e pericolosi o.... beh, con due spalle enormi. Insomma, non è che devo star qui a difendere le vergini, io. Non ce ne sono. Solo che io non posso farci niente se ogni volta che qualcuno gli si avvicina a me viene da mordere. Prima di essere la Principessa del ghetto, Bill è mio fratello. E se proprio gli si deve mettere le mani addosso, a questa Principessa, che lo si chieda a me.
Mentre mi perdo in tutta questa metafora di principesse vergini che la danno via comunque dalle loro torri, mio fratello si è messo a ridere. “Non dovresti chiamarlo così,” mi fa, tirandomi una botta. “Non è carino.”
“Beh, ma è vero. Quando uscite sembri Biancaneve,” protesto. “Non sai quante volte volevo chiederti se gli altri sei te li eri mangiati.”
Lui mi tira un altro spintone. “Quanto sei stupido,” ride.
Rido anch'io, ma poi quando ci calmiamo glielo dico di nuovo. “Avresti dovuto dirmelo,” mi stringo nelle spalle. “Lo avrei capito che per te era importante com'era stato lui.”
Bill si stringe nelle spalle minuscole. “Hai ragione,” ammette. “Scusa.”
E qui io tipo potrei alzarmi e fare la danza della vittoria di Georg, che è una cosa raccapricciante e quando la fa tutti tentiamo di atterrarlo per evitarci la visione. Però, per dire, io che in piedi sul divano agito il culo e muovo in cerchio le braccia renderei abbastanza l'idea del mio trionfo interiore. Non lo faccio solo perché risolto questo piccolo problema ne abbiamo uno esageratamente più grosso, tipo che Bill ha detto quello che ha detto nell'impeto del momento... e che il Dio bonario mi tolga dalla testa l'immagine di mio fratello che geme, grazie. C'è un limite alle cose che anch'io posso sopportare.
“Ad ogni modo, non posso fare niente,” esclama Bill, risvegliandomi dalla mia danza mentale. “Peter non vuole parlarmi.”
“Direi che ha le sue buone ragioni,” commento. E lungi da me prendere le parti del nano malefico, ma in questo caso è oggettivamente impossibile non farlo. Quell'uomo ha ricevuto uno dei due colpi più mortali che un uomo può ricevere dalla... persona che si porta a letto. L'altro lo ha ricevuto Bushido. Mio fratello ha fatto una strage, Dio mio.
“Lo so.”
E qui faccio un gran sospiro perché quello che sto per dirgli mi costa tantissimo. Ora che Bushido ha pensato saggiamente di mandarlo via di casa prima di dire – o peggio, fare! - qualcosa di pessimo e che Chakuza non ne vuole sapere di lui, speravo di riaverlo per me. Magari anche di allontanarlo da tutto il Ghetto in generale. Ammetto di avercelo fatto un pensiero. Solo che non sarebbe giusto. Questo mondo si è preso una parte di Bill che rimarrà sempre qui, che io lo porti via o meno. Come tutti questi uomini non lo hanno avuto per intero, perché un po' era anche mio, così io non posso averlo tutto, perché è un po' anche loro. E mi rendo conto che con Bill è sempre una questione di pezzi regalati. Quando ti vuole bene e tu ne vuoi a lui, Bill ti consegna un pezzo di sé da conservare e tu, anche se per qualche motivo arrivi ad odiarlo, magari quel pezzettino te lo metti in tasca, ma a buttarlo via non ci pensi proprio.
Forse potrei mentirgli e dirgli che quel nome detto a sproposito non significa niente, ma poi mi toccherebbe fare i conti con la mia coscienza ogni giorno, mi toccherebbe doverlo guardare e sapere che a quegli occhi tristi un po' ho contribuito anch'io, perciò no. “Forse dovresti fare un altro tentativo,” dico. “Anzi, dovresti fare il primo vero tentativo. Non parli con lui da quando lo hai avvertito che andavi a vivere da Bushido.”
“Non vuole parlarmi,” ripete lui. “Lo hai visto anche tu alla riunione!”
“Forse non vuole parlarti lui,” ipotizzo. “Ma vuole che lo faccia tu.” E mentre lo dico mi sembra anche estremamente sensato. In fondo l'ultima cosa che Chakuza si è sentito dire da mio fratello, è che lo mollava. Non fosse altro che per sentirlo chiedere scusa, secondo me lo farà parlare. E se poi da lui vorrà soltanto questo, vorrà dire che sarò pronto a raccogliere col cucchiaino quello che a quel punto resterà di Bill. Ma se non fa un tentativo, anche disperato, quell'unica possibilità di salvare qualcosa, da qualche parte, la perdiamo in partenza. Peggio di così non può andare, no?
“E se non vuole?”
“Allora sarà andata così e non ci sarà nient'altro da fare,” concludo.”Ma devi almeno provare e fare chiarezza in quel casino di testa che ti ritrovi.”
Lui fa un sospiro gigante e non mi guarda, così gli sollevo il mento e gli sorrido. “Tu la risposta la sai già,” gli ripeto. “Solo che dirla ad alta voce ti fa paura.”
“No, non mi fa paura,” mi corregge lui. “Mi terrorizza.”
Sorrido. “Vai da lui, parlaci e stai a vedere.”
E mentre mio fratello si fa offrire una pizza in nome delle coccole che secondo lui gli devo per una qualche regola universale di gemellitudine e che io puntualmente gli faccio, perché io ci vivo seguendo questa regola universale nemmeno fosse un codice divino portato in Terra da profeti pre-cristiani, lo abbraccio e spero di non averlo appena spedito a fare la cosa più sbagliata fra le cose sbagliate di questo mondo.
Dio bonario, se mi senti, daccela buona almeno stavolta.

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